Bulli, razzisti e raccolte fondi
Molte testate italiane stanno facendo circolare un video che in pochissimo tempo è diventato virale. Parte dagli Stati Uniti e mostra un ragazzino piangere mentre è in macchina con la mamma. Piange perché si sente bullizzato dai suoi compagni di scuola, piange perché lo prendono pesantemente in giro.
Io sono un papà, ho un bimbo di sei anni, ed è da quando è nato che la notte penso a cosa farei se mio figlio venisse bullizzato a scuola. So che c’è quel rischio, avendo la mamma inglese il suo italiano non è perfetto, in casa noi parliamo per lo più in inglese, guardiamo la tv in inglese, leggiamo in inglese, ma viviamo in Italia. E difatti appena iniziata la prima elementare qualche battutina da compagni di scuola c’è stata, leggera, nulla di grave. Qualcuno gli ha dato dello stupido perché non sa pronunciare la R come gli altri, lui all’inizio ha preso male le critiche, ma poi è passata e ora sembra essersi acclimatato. Chissà cosa ci riserverà il futuro. Ma io vivo male la situazione, da ragazzino delle elementari 40 anni fa ho subito bullismo, da quelli che oltretutto erano figli di amici di famiglia oltre che compagni di scuola, e ho il terrore che mio figlio debba subire lo stesso. Tutto questo per premettere che ogni volta che vedo un ragazzino piangere perché subisce bullismo sto male. Molto male.
Però ritengo che sia importante fare chiarezza sui fatti. Farla al meglio, per evitare che il video con questo ragazzino continui a venire condiviso in Italia senza riportare tutti gli altri elementi che sono saltate fuori nel frattempo.
Da quando il video è stato condiviso in rete sono nate tante iniziative per aiutare il povero Keaton Jones, incluse due pagine di raccolta fondi (una delle due in due giorni ha raccolto oltre 58mila dollari) su Go Fund Me, sono tantissime le star americane che hanno espresso solidarietà nei confronti del giovane Keaton. Ma poi qualcuno ha cominciato a indagare sui fatti un po’ più a fondo. E sono saltate fuori cose che hanno creato un po’ di scompiglio in questa gara di solidarietà americana.
La mamma di Keaton pare essere un’americana un filo razzista e integralista religiosa. Una sua foto ha cominciato a circolare in rete, insieme a un post che arriva dalla sua bacheca:
Molti hanno cominciato ad analizzare le bacheche (fino a quel momento pubbliche) di Kimberly, rendendosi conto che la mamma ha qualche scheletro nell’armadio. I commenti (ora svaniti) che facevano leva su sentimenti come xenofobia ed estremismo religioso erano numerosi. Qualcuno si è risentito, qualcuno ha cercato di fare più chiarezza, e la mamma (come anche il resto della famiglia) invece che uscire allo scoperto e rispondere magari alle domande di chi era indeciso sui fatti ha scelto di oscurare il proprio profilo social, lasciando a quel punto altri in grado di clonarlo e trollare “con simpatia”.
Come se non bastasse è saltato fuori che anche le due raccolte fondi lanciate su Go Fund Me potrebbero avere dei problemi, una è stata chiusa per sospetta frode, l’altra c’è il dubbio sia stata aperta da soggetti che non hanno nulla a che vedere con la famiglia Jones.
Su The Grapevine è apparso un articolo che comincia così:
Before you parade your child on social media, sobbing about being bullied, and then have celebrities rally behind you, you might want to clean up your own racist social media posts. That’s exactly what Keaton Jones’ mother, Kimberly Jones, didn’t do—and now her past Facebook posts are coming back to bite her in her racist ass.
Prima di far sfilare tuo figlio sui social media, singhiozzando di essere vittima di bullismo, e poi sfruttare le celebrità per portare acqua al tuo mulino, potresti voler ripulire i tuoi post razzisti sui social media. Questo è esattamente ciò che la madre di Keaton Jones, Kimberly Jones, non ha fatto, e ora i suoi vecchi post di Facebook stanno tornando a mordere il suo culo razzista.
E conclude così:
So, sure, Keaton may be the victim of vicious bullying (and also may have called a few classmates the n-word, which was noted on Kimberly Jones’ Facebook page before she closed it), and his mother is using his pain for her own interests, but it’s ironic that she’s willing to accept money from black athletes and other celebrities that she would probably consider “butt hurt Americans.”
Quindi, sicuro, Keaton potrebbe essere vittima di bullismo
viziosoferoce(e potrebbe anche aver chiamato alcuni compagni di classe con la n-parola, come è stato commentato sulla pagina Facebook di Kimberly Jones prima che la chiudesse), e sua madre sta (forse nd maicolengel) usando il suo dolore per interessi personali, ma è ironico che sia disposta ad accettare denaro da atleti neri e altre celebrità che probabilmente considererebbe “americani colculo rottooffesi da qualcosa di risibile”.
Non dico che siano considerazioni che condivido al 100%, avrei bisogno d’indagare di più sulla mamma di Keaton, ma il fatto che abbia chiuso la bacheca non me lo permette, rendendo la situazione ancora più sospetta.
Perché evito di condividere ogni singola catena, raccolta fondi, richiesta d’aiuto? Perché nove volte su dieci sono fuffa, se non direttamente truffe. Sarebbe bello imparassimo tutti a fare lo stesso. C’è troppa gente che lucra su queste cose, troppa gente che grazie alle donazioni è diventata parassita della società. Basterebbe guardare quante associazioni nel nostro paese ricevono 5 ed 8 per mille per rendersi conto che alcune non meriterebbero nulla. Eppure sono anni che ne usufruiscono.
Il bullismo esiste da sempre, erano bulli 40 anni fa come lo sono oggi, la differenza al massimo sta nella possibilità, sia da parte dei bulli che da parte dei bullizzati, di usare la rete per fare da cassa di risonanza. Insegnare ai nostri figli come usare le nuove tecnologie, come servirsene al meglio sarebbe una buona cosa. Per ora non vedo giornalisti e Ministero dell’Istruzione fare nulla in questa direzione, ma magari mi sbaglio.
maicolengel at butac punto it
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