Carne rossa processata e vino, una falsa analogia
Perché mangiare carne rossa e processata e bere vino non sono la stessa cosa. Due comportamenti entrambi a rischio di cancro ma ben diversi fra di loro: accostarli potrebbe essere una falsa analogia
Il nome di Noah S. Sweat Jr., “Soggy” per gli amici, forse non dirà molto a qualcuno. Non diceva niente neanche a me prima in imbattermi in un suo celebre discorso del 1952. Era un giudice e un professore di legge americano, nonché un rappresentante dello Stato del Mississippi. E celebre il suo discorso lo deve essere davvero se, come si racconta, ha impiegato oltre due mesi per scriverlo.
E non è un discorso particolarmente lungo: stando alle fonti che ho rintracciato, non dura neanche due minuti e mezzo. Qualcuno magari si chiederà com’è possibile una cosa del genere. Secondo me, è possibile se forse devo stare molto attento a quello che dico: se forse devo dire tutto senza dire niente, se devo affermare senza farlo, negare senza negare, suggerire ma al contempo non farlo. Un bell’esercizio di retorica, non c’è che dire. E non scordiamoci che il nostro amico Soggy era pure un giudice e soprattutto un professore di legge: con questo non voglio dire che fosse avvezzo a quelle presunte tattiche in cui in genere, e che a me risulti, gli avvocati son maestri (e, nel caso, non sarebbe né colpa né difetto e nemmeno errore: secondo me potrebbe essere parte integrante della loro professione, e un bravo avvocato è bravo anche quando e come parla), anche vero e resta comunque il fatto che, se corrisponde a verità, due mesi e mezzo per venti righe fa un quarto di riga al giorno. Deve esserselo riletto parecchie volte.
Il discorso di Soggy sul whiskey
Il titolo di questo pezzo parla di carne rossa e processata e bere vino, più genericamente potremmo dire di carne e alcol, eppure mi sto dilungando sul discorso del nostro amico Soggy. E almeno per me una ragione c’è: se non vado errato, Soggy era tra le altre cose anche un politico, e quel discorso lo tenne in occasione d’una discussione sulla legalità del whisky nello stato del Mississippi. In quel discorso, Soggy ne disse peste e corna: le peggiori considerazioni su una bevanda alcolica che era, più o meno questo il tono delle sue parole, il liquido del diavolo, il flagello tossico, il sanguinoso mostro che contamina l’innocenza, la ragione dei perdenti, distrugge il focolare domestico, crea miseria e povertà e cava il pane dalla bocca dei bambini, bevanda malvagia che corrompe l’uomo e la donna cristiani in cima ai giusti, uomini di buona volontà che vivono nel baratro senza fondo del degrado, del dolore, della vergogna, dell’impotenza e della disperazione. E se quando si parlava di whiskey si stava parlando di questo, concludeva Soggy Sweat, allora Soggy Sweat si diceva contrario.
Per poi aggiungere subito dopo che – e più o meno il tono era sempre il solito – se per whisky intendevi l’olio della conversazione, il filosofico nettare, il liquido che si consuma quando i bravi ragazzi si riuniscono, che suggerisce canzoni nei cuori e risate sulle labbra, il caldo bagliore della felicità, e, perché no, se intendi anche l’allegria natalizia, la bevanda stimolante che mette la primavera nel passo del vecchio gentiluomo in una mattina gelida e pungente; se intendi la bevanda che permette all’uomo di magnificare la sua gioia e la sua felicità e di dimenticare, anche se solo per un po’, le grandi tragedie della vita, i dolori e le sofferenze dello spirito; se intendi anche quel prodotto la cui vendita si riversa nelle nostre tesorerie incalcolabili milioni di dollari, dollari utilizzati per fornire dolci cure ai nostri piccoli bambini storpi, ai nostri ciechi, ai nostri sordi, ai nostri muti, ai nostri miserabili anziani e infermi, per costruire autostrade, ospedali e scuole, allora Soggy Sweat si diceva certamente favorevole.
Capite perché è diventato, come si dice, un discorso così celebre? Nel caso di Soggy, prima distrugge un comportamento e poi subito dopo aggiunge un bel Però dopo il quale afferma esattamente l’opposto e, pur mettendolo come argomento secondo e ultimo (“È un dongiovanni ma è un bravo ragazzo!”), la collocazione delle diverse posizioni porrebbe maggiormente l’accento sull’aspetto finale di quel comportamento, ora accettabile a dispetto di tutti i suoi aspetti negativi. E, se ricordo bene, il nostro amico aveva pure premesso all’inizio che non voleva evitare controversie: pensate un po’ se avesse voluto farlo…
Le evidenze scientifiche
Però eravamo nel 1952, le conoscenze scientifiche riguardo l’alcol non erano quelle di oggi e oggi ne sappiamo un po’ di più. Oggi sappiamo che è una sostanza tossica, cancerogena e teratogena a ogni dose, e che quindi non c’è una dose minima sicura. Come riportato sul sito del Ministero della Salute:
…non è possibile sulla base delle conoscenze attuali identificare quantità di consumo alcolico raccomandabili o “sicure” per la salute. Sarebbe peraltro improprio “raccomandare” l’assunzione di una sostanza tossica (…) o capace di indurre dipendenza, essendo una droga.
Quindi assumere alcol, anche poco, è rischioso: è difatti inserito nel gruppo 1 della classificazione delle sostanze cancerogene dello IARC come sostanza cancerogena certa per l’uomo.
Per quanto riguarda la carne rossa, di per sé è classificata come probabile cancerogena (gruppo 2) mentre è collocata nel gruppo 1 se processata, come tutte le carni processate, indipendentemente dalla loro provenienza. Quindi la carne nel complesso e in linea generale può essere cancerogena. Come l’alcol: quindi, e per esempio, la dose sicura di carne processata e alcol è sempre 0. Questo accostamento con l’alcol, ch’io sappia, permetterebbe a qualcuno di dire – e ultimamente lo si sente dire spesso – che il controllo del rischio di cancro per noi umani potrebbe essere più o meno lo stesso per i due comportamenti. Il che, lo concedo, potrebbe essere anche vero. Alcuni, poi, si spingono oltre, e arrivano a dire che sono due comportamenti che potrebbero a loro volta essere assimilati, per esempio e in qualche modo, anche al respirare – visto che può capitare di respirare aria inquinata e possibilmente cancerogena – e pure, ebbene sì, stare al sole: anche le radiazioni solari appartengono al Gruppo 1 della classificazione IARC come cancerogene per gli esseri umani. Per poi, sempre ch’io sappia e volendo, raggiungere vette altissime affermando anche che, in effetti, molte delle attività umane – se non tutte – presentano rischi; e sarebbe vero anche questo.
Solo che, e sempre e solo per esempio e per restar nel titolo, la carne bianca o rossa, e anche quella processata, qualche beneficio per l’organismo umano ce l’avrebbe pure: nutre. Serve a qualcosa. È utile. L’alcol invece no, non ha finalità funzionali o metaboliche specifiche e, checché se ne dica, non è manco un nutriente: le sue sono, che a me risulti, calorie cosiddette “vuote”, cioè non servono a nulla e fanno solo ingrassare. E l’aria che respiriamo? Di quella poi non se ne può fare a meno: respirare viene spontaneo, senz’aria per noi esseri umani è dura sopravvivere. Per non parlare del sole. Senza di quello mi sa proprio che sia pressoché impossibile. Dell’alcol, volendo, se ne potrebbe tranquillamente fare a meno: atto volontario e di conseguenza rischio evitabile, non necessario alla vita come nutrirsi o respirare, che nel complesso non ha mai benefici per l’organismo umano e non è mai utile alla nostra salute: anzi. E qui di solito viene sempre la parte più difficile da buttar giù, che è la seguente: l’alcol è una droga ludica, assunta cioè senza nessuna necessità né prescrizione medica, e infatti nessun medico in scienza e coscienza oggi consiglierebbe mai di assumerlo anche in piccole quantità, esattamente come assumere qualsiasi altra droga a scopo ludico, cioè solo per un molto presunto piacere. Sia chiaro: non c’è niente di male a farlo, almeno secondo me, basta essere consapevoli di cosa si sta facendo.
It’s droga ludica, baby
Basta riconoscere che per esempio di farsi le canne se ne può fare tranquillamente a meno, di sniffare coca pure, di iniettarsi eroina anche, di conseguenza si può fare a meno pure di bere, alcol, birra, vino, aperitivi o superalcolici che siano. E in genere non c’è nessuna differenza scientifica, per esempio, fra chi beve un bicchier di vino e chi si fa una canna. E se avete mandato giù pure queste ultime righe, forse ora vi potrebbe esser più chiaro quello che può essere il richiamo alle parole del discorso di Noah S. Sweat Jr.: celebre anche perché, ch’io sappia, è conosciuto proprio come, ma tu guarda a volte il caso!, l’altrettanto celebre fallacia del whiskey, proprio a causa del famoso discorso di Soggy, e in quel caso probabilmente usata soprattutto per non prendere (apparentemente!) una posizione ben precisa, per evitare proprio controversie (ma va’?), per non esprimersi puntualmente nel merito. E secondo me questa fallacia potrebbe a sua volta ricordarne un’altra, non meno interessante, quella dell’appello alla moderazione: anche lì di solito parte la sequela dei “Sì, ma…” “Eh, però…”. Vero, fa male, è cancerogeno, tossico e teratogeno a ogni dose, però in fondo, forse, su, probabilmente, non dico questo ma, ci sarebbe da rifletter su, però è come respirare, prendere il sole e mangiare la carne, e poi, dai, tutte le attività umane potrebbero essere a rischio… Ma almeno io scommetto che nessuno di noi a questa lista aggiungerebbe fumare sigarette o farsi le canne, sniffare coca e iniettarsi eroina. E un motivo ci sarebbe anche, a mia opinione anche condivisibile.
Io non posso sapere se dietro le parole di Soggy ci fosse la buona o la cattiva fede. E quando qualcuno oggi, nel 2023, accosta comportamenti e atti fisiologicamente utili, e a volte pure necessari, ad altri che non lo sono neanche un po’, e che anzi si rivelano inutilmente rischiosi, non voglio sapere se sia in buona fede o no. Mi pare invece di capire che – sempre scientificamente, e per chiuderla con il titolo di questo pezzo – non si possa accostare l’atto di drogarsi allo scopo di provarne piacere (che sia alcol, THC a scopo ludico, cocaina, eroina etc.) a quello di nutrirsi, attività necessaria e di cui non si può fare a meno. E se qualcuno riesce a farlo, almeno per me, è il benvenuto: amo il vino e lo bevo volentieri, soprattutto quello rosso.
Ma temo che l’unica conclusione stia nel riconoscere, e soprattutto accettare, il fatto che l’alcol è una droga ludica e come tutte le altre droghe ludiche non esiste un’altra ragione per assumerlo che non sia quella di un presunto piacere: “presunto”, perché non si presenta come tale per tutti e ogni volta. Senza dimenticare purtroppo che l’appello alla moderazione di solito, e generalizzando, potrebbe di riflesso indurre ad affermare curiose frasi del tipo: “Bevo solo due bicchieri di vino al giorno, perché il mio scopo non è lo sballo come per quelli che si drogano!!!”. Si tratterebbe in quel caso, probabilmente, una sorta di autoindulgenza illusoria basata su una fallacia, perché ci piacerebbe tanto che fosse così.
In conclusione, ricordiamoci che il fatto che in Italia siamo liberi di scegliere se consumare alcol o no, nonostante i suoi notevoli rischi [5], è comunque un bene per tutti noi, che lo beviamo o no, e su questo forse sarebbe d’accordo pure il nostro amico Soggy. Ma ricordiamoci anche che chi opera nel settore sanitario, e deve dunque basarsi sulle evidenze scientifiche:
non deve prestare il fianco alla strumentalizzazione da parte dei produttori di alcune nozioni scientifiche che, se tradotte nel linguaggio del marketing, rischiano di creare un incremento della morbilità e della mortalità. L’unico messaggio corretto e responsabile è quello che l’etanolo contenuto nel vino, nella birra o nei superalcolici è una sostanza tossica, cancerogena, teratogena, che può dare dipendenza e, inoltre, che non esiste dal punto di vista scientifico il concetto di ‘bere moderato’, in quanto non esiste una quantità sicura
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Immagini di Soggy Sweat e del suo discorso da qui