La cucina italiana e i miti duri a morire
Alla scoperta di DOI - Di Origine Inventata, interessante podcast sulla cucina italiana con qualche pensiero personale!
Sono da sempre con BUTAC, ma da qualche tempo mi limito ad aiutare da dietro le quinte. Però oggi voglio scrivere questo pezzo per condividere con voi un pensiero, o un tentativo di pensiero.
Mi sono imbattuto in un podcast che ho trovato estremamente interessante e che vi voglio consigliare. Si chiama DOI – Di Origine Inventata, disponibile su tutte le piattaforme online. L’autore è il Prof. Alberto Grandi, docente universitario presso la Facoltà di Economia di Parma, in collaborazione con Daniele Soffiati e Gabriele Beretta. (Qui il sito per maggiori informazioni).
In poche semplici puntate di venti minuti ognuna, gli autori raccontano un’interessante verità sulla cucina italiana, una sorta di debunking delle leggende metropolitane sulla nostra tradizione culinaria. Che è buona, veramente buona, ma non ha davvero le radici profonde che ci sentiamo ripetere da sempre. Gli autori sono bravi e simpatici, e sanno il fatto loro su quello di cui parlano. Che di questi tempi non è scontato.
Le puntate si seguono rapide come un pranzo piacevole, partendo dall’antipasto e arrivando fino al dolce, passando anche per i vini e i contorni. E subito ci si rende conto che molte, moltissime storie che pensiamo siano vere sulla cucina italiana, in realtà sono frutto di una narrazione nata nel secondo dopoguerra.
Non voglio privarvi del piacere di ascoltare il podcast, che lascio a voi da esplorare, ma sappiate che potrete trovare la ricetta originale della carbonara (e no, non c’è il guanciale dentro!), o scoprire che la pizza è più americana di quel che si pensa.
BUTAC ha invece profonde radici bolognesi, per cui vi porto giusto un esempio particolare dalla quarta puntata, che ha avuto forte risonanza mediatica. Potete trovare anche un articolo pubblicato dal Gambero Rosso nel 2019. In quell’anno, a Bologna, durante la celebrazione della festa patronale, si era deciso di creare il tortellino dell’accoglienza, con ripieno di pollo.
Apriti cielo! Un coro di voci si è subito levato: bisogna proteggere la antica e ben conosciuta tradizione bolognese del tortellino di maiale!
Una tradizione così salda, che la città si è dimenticata che in realtà il tortellino aveva inizialmente un ripieno di carni bianche. La ricetta del tortellino moderno venne infatti depositata alla camera di Commercio di Bologna il 7 dicembre 1974, mentre la prima vera ricetta con solo maiale, di Pellegrino Artusi, è datata 1891. In questo caso è interessante notare come esista un tortellino della tradizione, ma che non sia quello che si mangia oggi!
Ma perché’ smarchetto così un podcast, senza essere pagato? Perché secondo me è un ottimo spunto di riflessione per conoscere meglio noi stessi.
Sono cresciuto con la convinzione che la cucina italiana fosse la migliore del mondo e che fosse mitica. Un motivo di orgoglio! Questa convinzione è stata alimentata da mille piccole conversazioni con tutti gli altri italiani che conosco. Davanti a un buon piatto di cibo italiano si parte a chiacchierare e a enumerare infiniti piatti buonissimi, per poi arrivare a qualcuno che dice: ”No ma come lo fa mia nonna nessuno mai!”.
È uno scambio quasi automatico, per sentirsi bene e condividere, ma basato sul nulla. Il riferimento ai nonni però dà questa idea che ci sia una antica e lunga tradizione, custodita dagli avi, così che noi possiamo goderne. “Perché noi siamo fighi, non come i *inserisci nome di nazionalità che ti sta antipatica*, che mangiano male”. Dopo aver sentito il podcast e aver riflettuto, mi sono reso conto che questa discordia ha poco, se non nessun, fondamento.
Questa narrativa, però, viene portata avanti: perché aiuta a vendere. Ci piace l’idea che il piatto che stiamo comprando nel ristorante sia fatto secondo gli antichi crismi, perché così gli diamo più valore. Ci piacciono i grani antichi, per via del loro nome, anche se antichi non lo sono per davvero!
Per esempio, per scrivere questo articolo ho cercato su internet delle fonti, e ho trovato centinaia di siti e di libri di cucina che citano le antiche ricette della tradizione. Ma io mi chiedo se veramente i miei avi mangiassero il tiramisù o gli agnolotti con la carne. Molto probabilmente no, per motivi economici, tecnologici e anche culturali.
Inoltre questa narrativa viene portata avanti perché fa sentire parte di un gruppo. Dopo otto anni di BUTAC, ho la testa piena di bufalari/guru/tuttologi che parlano in interminabili (e noiosissimi) video, e posso dire che spesso vedo nel loro modo di porsi qualcosa di simile. Indipendentemente dalla tematica trattata, sento sempre una narrazione o della post-verità che vedono un passato glorioso per gli italiani. Ovviamente la narrazione di destra si tuffa appieno in questa narrativa, ma non sono gli unici a parlarne. Questo tipo di discorso serve a dare un senso di comunità e a legittimare le proprie opinioni.
So che non è facile in Italia parlare di questo tema, d’altronde gli italiani hanno la nomea internazionale di essere dei i più grandi conservatori sulle tematiche gastronomiche. Ma credo che sia il caso di iniziare a smettere di raccontarci frottole. Perché continuare a ripetere che abbiamo un passato mitico è un modo per consolarci di un presente che non ci piace. E soprattutto non ci aiuta a cambiare realmente il futuro.
Basta cazzate, è giunto il momento dei fatti.
E proprio nei fatti trovo il mio orgoglio di essere italiano, un orgoglio sano e che non mi spinge a mettere bandierine nel mio nickname sui social. Il fatto è che la cucina italiana contemporanea ha raggiunto un livello di qualità altissimo, con migliaia di prodotti e piatti pregiati. E mi va benissimo se questa cucina viene esportata e reinterpretata nel resto del mondo.
Dott. PA
Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su PayPal! Può bastare anche il costo di un caffè!
Un altro modo per sostenerci è acquistare uno dei libri consigliati sulla nostra pagina Amazon, la trovi qui.