Fonti e competenze…
Da un'esperienza in real life qualche riflessione sul fact-checking
Oggi voglio parlare con voi di una cosa che mi ha toccato da vicino. Durante un processo sono stato chiamato a testimoniare; non ero indagato, ero un testimone, che aveva perso la sua giornata lavorativa per spostarsi dal suo luogo di residenza fino alla sede in cui è avvenuto il processo (che nel 2024 uno debba, a proprie spese, spostarsi fisicamente da un luogo all’altro, e che il tutto non possa esser fatto in via digitale, magari dal tribunale locale, dimostra l’arretratezza del meccanismo, ma non è di questo che voglio parlare).
Durante la mia testimonianza, che riguardava un articolo da me scritto quattro anni fa – non proprio ieri, ne scrivo tra gli otto e i dieci alla settimana, ci sta che non m i ricordi i dettagli di ogni singolo articolo che ho scritto – mi sono state fatte alcune domande.
Una riguardava l’incipit dell’articolo, che riportava una frase che si legge spesso nei miei fact-checking: “grazie a una segnalazione”; infatti BUTAC, come sa chiunque lo legga da anni (ma anche solo qualche volta), svolge la sua attività perlopiù sulla base di segnalazioni, ovvero voi ci inviate notizie che pensate meritino una verifica e noi ci occupiamo di farla, nulla di così complesso.
La vostra è una segnalazione, mentre BUTAC, a momenti alterni, ne riceve da un minimo di dieci a un massimo, durante la pandemia, di circa un centinaio in una giornata. Non teniamo traccia delle segnalazioni, non ci interessa chi ci ha chiesto cosa, perché appunto si tratta solo di un invito a verificare qualcosa che si trova da un’altra parte. Ecco, oggi uno degli attori del processo in corso continuava chiedermi, in maniera pressante e onestamente maleducata:
…ma quindi lei che dice che le fonti sono così importanti non si ricorda la fonte che le ha segnalato la notizia?
Non è un virgolettato, ma il succo era questo.
Cerchiamo di capirci, chi mi faceva la domanda stava giocando con le parole, voleva cogliermi in fallo, e per farlo usava la più potente arma in suo possesso: la dialettica. Per questo mi sono fermato un secondo, e ho cercato di spiegare meglio le cose – non che chi mi interrogava fosse interessato…
Le fonti
Nel giornalismo investigativo, la fonte è chi ci fa una soffiata su qualcosa, chi riporta magari una voce di corridoio, un virgolettato ripreso da un’intercettazione, una dichiarazione non ufficiale. La fonte è qualcuno che racconta al giornalista qualcosa che altrimenti sarebbe sconosciuto, segreto, non detto. La fonte è una voce, che può anche essere anonima, su cui il giornalista basa un suo articolo, se non addirittura una sua inchiesta. La fonte, ovviamente, in questo caso è importante, potrebbe trattarsi di qualcuno che ha dato quelle indicazioni al giornalista con il solo scopo di mettere in cattiva luce l’oggetto della soffiata.
Ma noi non facciamo giornalismo investigativo, non ci interessa chi ci segnala una notizia (a meno che non si tratti di strane segnalazioni fatte con lo stampino come quelle arrivate in inglese nell’ultimo anno). Noi ci occupiamo di verifica dei fatti, chi ci segnala la notizia non sta facendo altro che dirci che secondo lui i fatti non sono come ci sono stati raccontati e chiede a noi di andare alla fonte della stessa per fare qualche controllo.
Nel fact-checking – e non credevo fosse necessario spiegarlo a qualcuno che per mestiere si occupa di difesa o accusa degli imputati – le fonti sono un’altra cosa. Non si tratta dei tanti anonimi segnalatori che ci inviano link a notizie – a loro dire – da verificare, bensì delle fonti di quelle notizie – a quanto pare però questa frase in certi soggetti genera confusione, pertanto cerchiamo di approfondire meglio di cosa stiamo parlando. Lo faremo come si può fare con i bimbi piccoli, in modo che tutti possano capirlo.
La fonte di una notizia in teoria sono gli eventi che hanno portato il giornalista a scrivere quella notizia, il conduttore a raccontarla ecc. Procediamo per esempi, se un soggetto in rete dice:
Uno studio ha confermato che la cioccolata fa dimagrire
La fonte di quanto afferma è lo studio, per cui un verificatore di fatti prima di tutto si accerta dell’esistenza dello studio, e che lo stesso sia classificabile come tale, poi verifica se riporta esattamente quelle conclusioni e infine controlla l’attendibilità di chi lo studio l’ha fatto. Tre passaggi fondamentali che riguardano la fonte, che in questo caso sarebbero lo studio e gli autori dello stesso. Per fare queste verifiche non servono specifiche competenze: è un’attività che rientra nel giornalismo, non bisogna essere medici, avvocati, scienziati, basta saper fare ricerche e essere dotati di spirito critico, doti che un giornalista dovrebbe normalmente avere. E qui arriviamo all’altra questione sollevata durante la mia testimonianza.
Le competenze
Chi mi interrogava ci teneva moltissimo a far presente che io non ero un medico, né uno scienziato, l’ha ripetuto più volte durante la mia deposizione. Ma appunto quello che facciamo su BUTAC nel 70% dei casi è attività giornalistica. Vi aspettereste che un giornalista che tratta di cronaca nera sia laureato in criminologia? E che quando invece parla di una dichiarazione del Ministro della Sanità debba avere una laurea in medicina…?
Ovviamente no. Perché sono competenze che non sono necessarie per fare giornalismo (diverso è il discorso della divulgazione, sia chiaro), e finché si tratta di semplice giornalismo le cose che servono sono altre:
- saper scrivere
- saper fare ricerche (sia online, oggi basilare, che offline, quando serve raggiungere una fonte non presente online)
- essere dotati di spirito critico
Certo che se parlo di scienza e voglio approfondire tale studio e perché sia poco attendibile è meglio avere delle competenze nell’ambito, ed è proprio per questo motivo che quando succede chiediamo “l’aiuto da casa”; nella maggioranza dei casi però quella competenza è un di più, che non è sempre indispensabile per portare a termine un fact-checking.
Concludendo
Ammetto che la mia esperienza come testimone mi ha lasciato molto amaro in bocca, non era la prima volta che venivo sentito in casi simili, ma è stata la prima in cui l’intento da parte di alcuni di quelli che mi interrogavano era chiaramente di farmi cadere in fallo, cercare di farmi sentire o sembrare inadeguato nel ruolo che stavo ricoprendo in quel momento. Peccato, vedere come funziona il meccanismo della giustizia è una di quelle cose che finché la leggi sui giornali ti pare abbastanza chiara, quando ti tocca da vicino ti accorgi delle sue falle, spesso decisamente grosse.
maicolengel at butac punto it
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