Gli autobus elettrici e la malinformazione di Libero
Una carrellata di casi contro i veicoli elettrici che hanno (nella maggior parte dei casi) bisogno di alcune (o molteplici) precisazioni
Il 20 gennaio Libero titola:
Autobus elettrici, freni rotti e batterie scariche: il Nord Est li molla
L’articolo porta la firma di Serenella Bettin, che ci racconta:
Iniziamo la carrellata con una notizia che viene dall’estero. Oslo, Norvegia: i bus elettrici si fermano per il grande freddo.
Notizia che come sapete voi che ci leggete da sempre è una mezza bufala: i problemi che ci sono stati con un numero limitato di bus elettrici (su un parco trasporti pubblici che è oggi all’80% elettrico) sono dovuti al fatto di non aver seguito le linee guida che indicano di preriscaldare i mezzi prima di avviarli, e alcuni problemi con delle colonnine di ricarica difettose. Tutte cose che qualsiasi giornalista coscienzioso verificherebbe prima di sostenere che:
…la capitale si ritrova paralizzata perché i mezzi in questione, 130 per l’esattezza, non reggono alle gelide temperature invernali.
Poi ci viene raccontata un’altra perla di disinformazione, sempre in riferimento alla presunta situazione a Oslo:
…i modernissimi bus elettrici nuovi di zecca andrebbero forniti di decrepiti bruciatori a gasolio per riscaldare gli abitacoli.
Questa notizia è assolutamente inventata, non sappiamo se dalla redazione di Libero o da altre. L’autobus elettrico ha sistemi di riscaldamento efficienti come un qualsiasi mezzo endotermico, e così tutti gli altri veicoli elettrici. Dare a intendere diversamente è una sciocchezza. Ma Bettin va avanti:
È quel che ci aspetta pure in Italia? L’incidente accaduto a Mestre (Venezia) lo scorso 3 ottobre, dove persero la vita 21 persone, è una ferita ancora aperta.
Che sia stata una tragedia è un dato di fatto, tragedia che però non ha nulla a che vedere col fatto che il mezzo fosse elettrico. Tutte informazioni già ampiamente spiegate, ma si sa, la memoria degli italiani, specie quelli che leggono Libero, è cortissima.
Bettin poi parla di altri due incidenti a Mestre, dando a intendere che il problema sia il fatto che fossero mezzi elettrici.
…sempre a Mestre mercoledì scorso, un altro bus elettrico è finito fuori strada, non causando fortunatamente feriti. Non solo. Una settimana dopo la tragedia del 3 ottobre, un altro bus elettrico, sempre a Mestre, si era schiantato addosso a un pilastro di un palazzo: tredici feriti. Ed era giugno scorso quando un terzo bus, stavolta lungo la statale Romea, tamponò un camion. Furono proprio questi bus – di fabbricazione cinese, del colosso “Yutong E-12” a essere tra l’altro esclusi da una gara di appalto a Torino.
Il fatto che fossero mezzi cinesi di una specifica azienda però non ha nulla a che fare con il fatto che fossero elettrici, come la dinamica degli incidenti non ha nulla a che fare con quali motori montino i mezzi incidentati.
Nell’andare avanti leggiamo:
…dopo l’iniziale corsa alla mobilità elettrica, molte amministrazioni sembrano voler cambiare strada. In Friuli Venezia Giulia, per esempio. Pordenone di bus elettrici non ne ha nemmeno uno: si prepara a riceverne sette entro il 2025, poi basta. A Udine ce ne sono soltanto tre, e anche qui l’azienda di trasporti sembra aver svoltato verso altri combustibili. In particolare, si punta sul metano liquido, perché il territorio friulano non si presta alle performance dell’elettrico: le colline e le montagne non è che le puoi buttare giù e spianare, è la natura bellezza.
Il fatto che dica che le amministrazioni “sembrano voler cambiare strada” dà a intendere che prima avessero scelto l’elettrico per poi cambiare idea. Ma non è così: le amministrazioni citate non hanno mai ordinato mezzi elettrici per il trasporto pubblico. È una scelta specifica dell’amministrazione in carica, che guarda caso è tutta di destra, a Udine ci sono 11 linee di trasporto urbano, tre delle quali sono elettriche, non sono tante ma è una partenza. Non specificare che i tre autobus elettrici sono all’interno di un trasporto pubblico da 11 linee soltanto è malinformazione.
Poi ci racconta dei bus a Roma, riportando un caso su cui possiamo concordare: a Roma si spesero, prima del tempo, cifre folli per comperare autobus elettrici tra il 2009 e il 2010, dismessi tutti entro il 2017. Ma erano acquisti fatti troppo presto, la tecnologia di oggi è completamente diversa a quella del 2009 e le infrastrutture attuali per la ricarica sono cambiate in maniera sostanziale, così come i costi delle batterie e la durata delle stesse. Non è l’unico caso: anche sulla vicenda bolognese dei Civis possiamo concordare, fu una schifezza. Ma anche qui si sta parlando di mezzi fatti con tecnologia del 2001. Non furono però dismessi perché grandi e ingombranti, ma perché il Ministero dei Trasporti disse che non erano sufficientemente sicuri. Quindi anche qui Bettin sta disinformando.
Per concludere su Torino ci viene raccontato del problema dei bus troppo larghi, problema che viene riportato anche sui quotidiani locali. Problema che però non ha nulla a che vedere col fatto che siano elettrici, esistono tantissime soluzioni elettriche più piccole, ma evidentemente l’amministrazione ha sbagliato a ordinarli o chi li guida deve prenderci la mano. Poco conta che siano elettrici o a benzina, o che usino l’olio vecchio dei fast food per funzionare, sono autobus grandi, forse era il caso di tenere presente le misure delle strade prima di ordinarli.
Bettin conclude raccontando una notizia del 2019 su Treviso, notizia che fu a suo tempo smentita anche sui giornali locali, con spiegazioni accurate. Ma ovviamente alla giornalista di Libero non interessava informare bensì solo sensazionalizzare. Conscia, come tanti suoi colleghi, che chi legge testate come Libero difficilmente andrà a verificare quanto riportato.
maicolengel at butac punto it
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