I nomi delle dita dei piedi

dita-dei-piedi

Dietro segnalazione di un amico, ho visto questa immagine pubblicata nella pagina Facebook WelnessAdvisor:ditapiedi

Sinceramente mi pare più il disegnino di un bambino che non un documento medico scientifico. A questo ho sommato il fatto che i nomi denotano quantomeno scarsa fantasia e anche che non credo quasi più a nulla, nemmeno alla mamma.

Il mio ragionamento (a torto o a ragione non ha importanza) è stato: se le dita delle mani hanno nomi così differenti, foneticamente parlando (pollice suona diverso da indice che suona diverso da medio, ecc…) perché mai quelle dei piedi devono avere tali assonanze? E siccome in 52 anni non ne avevo mai sentito parlare nemmeno quella volta all’ospedale sui referti medici dell’amico che due decenni fa portai all’ospedale con il mignolo (del piede) fratturato, mi son detto: San Tommaso che illuminazione ci dai? Andiamo per caso a fare qualche verifichina? Vuoi mai che su Facebook, famigerato luogo in cui abbondano cazzate e bufale, questa sia solo l’ennesima conferma?

Perchè WellnessAdvisr pubblica un disegnino infantile e non un documento medico? Voi che dite?

Io vi leggo nel cervello e dico: esatto! Avete indovinato! Siete dei maghi perché ci azzeccate sempre e io anche… anche perché leggo nei cervelli altrui: abbiamo un futuro come bookmakers.

La prima tappa l’abbiamo fatta su Wikipedia ma… ohibò: non c’è nessuna traccia di questi pittoreschi nomi. Si dice semplicemente che:

Nomenclatura delle dita del piede: diversamente da quanto avviene per le dita della mano, le dita dei piedi non possiedono una nomenclatura comune documentata. Fa eccezione il solo alluce, omologo del pollice e più voluminoso tra le dita del piede, per il cui nome esiste un uso diffuso e documentato sia nella letteratura che nella lingua parlata e che trova origine nel latino hallux. In ambito scientifico e più prettamente anatomico, laddove si ha la necessità di una nomenclatura, si è soliti invece numerare le dita del piede, assegnando loro un nome legato alla posizione. Si ha così che in senso medio-laterale, ossia dal dito più vicino all’asse del corpo verso quello situato più lateralmente, le dita del piede sono dette primo dito, secondo dito, terzo dito, quarto dito e quinto dito. In ambito medico è inoltre diffusa, sulla scia dell’uso anglosassone, la consuetudine di chiamare il terzo dito dito medio del piede ed il quinto dito piccolo dito del piede.

Perdindirindina! E adesso come la mettiamo?

Dice: “Ma va la… Wikipedia non è aggiornato. Dove sta scritto che sia Wikipedia a dire la verità e non quelli di WelnessAdvisor?”

Per puro scrupolo siamo andati a verificare cosa dice l’Accademia della Crusca, colei che ha potere di vita o di morte sui vocaboli italiani: la sua parola è suprema e non si discute! Siccome la descrizione è molto lunga, riporto solo i punti salienti, per il testo integrale potete cliccare il link sopra.

Coloro che ci scrivono notano che, al contrario, le dita dei piedi sembrano non avere nomi propri, se non per l’alluce, detto anche, in contesti meno formali e al netto di definizioni dialettali, dito grosso, ditone (del piede) o pollicione. Una convenzione internazionale ratificata nel 1998 adotta, per quanto riguarda l’anatomia, la nomenclatura latina: i digiti pedis, quindi, partendo da quello più vicino all’asse mediano del corpo, sono:

  • I = Digitus primus o Hallux
  • II = Digitus secundus
  • III = Digitus tertius
  • IV = Digitus quartus
  • V = Digitus quintus o minimus pedis

(cfr. Terminologia Anatomica 1998). In ambito italiano le dita dei piedi sono “ufficialmente” chiamate primo dito, secondo dito, terzo dito, quarto dito e quinto dito. L’unica nomenclatura riconosciuta è dunque questa, con l’eventuale l’aggiunta di alluce e mignolo del piede per il I e il V dito.

Da alcuni anni girano, soprattutto in rete, degli elenchi per così dire “apocrifi” di nomi per le dita dei piedi. A parte il già noto alluce, le altre, partendo dal corrispondente dell’indice della mano, sarebbero chiamate:

  • illice o melluce o dilluce o dillice o polluce;
  • trillice o trilluce;
  • pondulo o pondo o pondolo o pìnolo o anulo;
  • minolo o minulo o mellino; per quest’ultimo è invalso nell’uso anche il nome mignolino (del piede).

Già il fatto che i nomi non siano completamente uniformi è spia della loro mancanza di effettivo radicamento nell’uso, se non addirittura di una reale circolazione.

Questa nomenclatura non appare né registrata nella lessicografia, né riportata in testi medici o scientifici. Ne troviamo attestazioni in romanzi e altri libri non specialistici in anni recenti: una delle prime risale al 2012, all’interno di un volume dal titolo 100 storie per quando è troppo tardi (a cura di Scuola Holden, L. Moisio e M. Trucco, Feltrinelli, Milano), in un racconto breve dal titolo Ultimo, il maialino, che qui riportiamo integralmente.

Quella che l’Accademia della Crusca chiama “racconto breve” è una favoletta per fare addormentare i bambini:

Una sera la scrofa Carolina decise di partorire. La piccola Maia aveva trascorso tutto il giorno a inventare nomi, uno per ciascun lattonzolo, quattordici in tutto. “Forza Carolina”, diceva, “ecco un maschietto!”. Ed ecco una femminuccia! Così Maia aveva cominciato ad assegnare i nomi ai nuovi nati:

Prima come le dita dei suoi piedini, dal più piccolo al più grande: Minolo, Pondulo, Trillice, Illice, e Alluce! Poi le dita delle mani, dal più grande al più piccolo: Pollice, Indice, Medio, Anulare, Mignolo. E per gli ultimi quattro, i colori: Rosa come la mamma; Viola, il suo fiore preferito; Bruno, come il papà; Gialla, come la pesca a merenda.

Poi, ogni maialino corse a una mammella a bere il primo latte della sua vita. E qui arrivò la sorpresa: un quindicesimo maialino! Maia non aveva pensato a quell’ultimo nome e dovette improvvisare: “Ultimo, proprio così ti chiamerai”, disse. Ed ecco la seconda sorpresa: Carolina aveva solo quattordici mammelle! Come avrebbe fatto Ultimo a sopravvivere?

Maia sentì le lacrime colmarle gli occhi, ma non si perse d’animo. Corse in cucina, riempì di latte un biberon del suo fratellino e nutrì Ultimo. Quella sera, dopo la poppata, Ultimo seguì Maia come se fosse la sua mamma. Si strinse tra le sue braccia, chiuse gli occhi e si addormentò.

Piaciuta ? Vi siete addormentati anche voi?
Proseguiamo e vediamo cos’altro aggiunge la famosa Accademia?acquamiracolosa

Alcune ricerche con Google permettono di datare le prime attestazioni intorno agli anni immediatamente successivi al 2000; dal 2003, i nomi compaiono sempre più spesso in pratiche di medicina non tradizionale, come testi di osteopatia, riflessologia plantare, agopuntura e discipline correlate. Nel corso degli anni, da più parti si nota che tali nomi non sono registrati nella lessicografia ufficiale o nei manuali di medicina, e alcuni ventilano che si tratti di termini desueti, anticamente in uso e poi caduti in disuso. Le ricerche effettuate non sembrano dare supporto a questa tesi, dato che prima degli anni Duemila non compaiono attestazioni né cartacee né elettroniche. Parallelamente, l’Accademia della Crusca ha ricevuto domande sulla questione dal 2003 in poi, a ulteriore dimostrazione della recente diffusione di questa nomenclatura non ufficiale. Nel 2008, il sito Salute24, del gruppo Sole 24 Ore, riportava una variante di questi nomi come pura curiosità: il passare degli anni non ha, a quanto pare, permesso di gettare luce sulla loro origine.

Ecco qua! I fantasiosi nomi risalgono ai primi anni 2000 cioè quando internet era già diffuso, anche se non c’erano i social network di oggi. E, come dice l’Accademia, questi termini provengono da siti di… pseudo-scienza, quelli dell'”altra medicina” ovvero la “medicina non tradizionale”. A mio dire solo fuffa per accalappiarcatturae denaro da chi crede che ci si possa curare con la bioenergia universale, con i sassi e i cristalli, l’incenso ecc…

Quando vostro figlio prenderà la varicella o altra malattia infettiva, provate a mettergli due opali sul comodino al posto dei farmaci prescritti dal medico e poi sappiatemi dire com’è andata a finire.

Come si può vedere chiaramente qua a lato, anche WellnessAdvisor si occupa di “altra medicina”, energie spirituali e quant’altro. E dei rimedi miracolosi dell’acqua visti nell’immagine in alto? Chissà cosa ne pensano i medici ? Che siano mai solo ciance?

D’altro canto, una breve ricerca eseguita sui social network ha permesso di trovare testimonianze dell’esistenza di una nomenclatura del genere a partire dagli anni Settanta; purtroppo, tali speculazioni cronologiche sono affidate alla memoria di singoli individui.

Ah… che peccato! Solo ricordi. Nessuna testimonianza ufficiale “nero su bianco”! Ci è andata male!

Come con gli Ufo: solo tante parole, ricordi e testimonianze, ma nessun alieno palesemente ripreso in immagini di indubbia credibilità, magari portato assieme al disco volante al sindaco del paese, al primo ministro o all’ONU per le dovute presentazioni.

Concludiamo quindi ribadendo che l’unica denominazione universalmente e ufficialmente accettata è quella nominata in apertura: primo dito o alluce, secondo, terzo e quarto dito, eventualmente mignolo del piede invece di quinto dito. La nomenclatura “ufficiosa”, della quale al momento non è stato possibile determinare l’origine (una simpatica burla? L’invenzione estemporanea di un singolo?) ha circa 2.000 occorrenze in rete, cercate con Google. Evidentemente ci sono contesti d’uso in cui l’esistenza di questi termini è considerata utile, sia per chiarezza sia per questioni espressive, ma a oggi, ricordiamo, né testi medici né vocabolari hanno recepito i nomi che circolano. Questi rimangono, dunque, degli occasionalismi senza valenza scientifica. Ne sconsigliamo, di conseguenza, l’uso in contesti formali – e rinfranchiamo coloro che ammettono di non conoscere questi nomi: di fatto, sono semplici curiosità, e possono tranquillamente essere ignorati.

Ecco qua: vi basta o vogliamo aggiungere qualcos’altro ?6-dita

Beh, direi proprio che manca qualcosina… un nome… quello del sesto dito del piede.

Chissà perché Maia si è dimenticata di dirlo alla scrofa Carolina?

Lola Fox

Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon! Può bastare anche il costo di un caffè!