Idrossiclorochina, etica giornalistica e smentite
...e le nostre pie speranze disilluse!
Un medico, un altro, ci ha inviato una segnalazione. La prima cosa che voglio dirvi è che non avete idea di quanto ci faccia piacere ricevere segnalazioni da professionisti, ci dimostra di avere un pubblico di lettori interessati a quel che facciamo, tra cui appunto professionisti che forse si sono resi conto che il problema dell’infodemia è grave e che va in qualche modo contrastato.
Questa volta la segnalazione è solo un .pdf, .pdf che riguarda una storia che abbiamo già trattato e che non vi mostro nella sua interezza, non ha senso. Ma di cui vi riportiamo la “copertina”, se così vogliamo chiamarla:
Si legge bello chiaro il nome della testata registrata che ha pubblicato il testo:
Affari Italiani
Si legge il titolo dell’articolo e la data:
30 settembre 2020 – 08:14:00
Covid, l’idrossiclorochina funziona. 7 scienziati inchiodano
l’Oms. Lo studio
Nel .pdf è presente tutto l’articolo di Affari Italiani, articolo che nel tempo si è dimostrato una bufala. Purtroppo però, grazie a titoli come questo, sono tantissimi gli italiani (e non solo) convinti che invece l’idrossiclorochina sia una valida terapia contro la COVID-19.
Su BUTAC abbiamo parlato della questione svariate volte, sotto il tag Idrossiclorochina abbiamo sette articoli, ed è pieno di fact-checker e divulgatori che nel corso di quest’anno hanno spiegato perché fosse una bufala: non ha senso che ve lo spieghi io per l’ennesima volta. Quello che è importante, però, è far capire ai giornalisti di redazioni come Affari Italiani quanto sia importante pubblicare smentite.
Perché vedete, se oggi vado su Affari Italiani e cerco quell’articolo, non lo trovo più, una manina l’ha fatto sparire. Ma c’era ancora a gennaio 2021 quando l’articolo è stato archiviato. E l’autrice ha continuato a scrivere per la testata, intervistando anche Loretta Bolgan, ma ops, anche l’articolo con l’intervista a Loretta Bolgan non compare più sulla testata, anche quello fatto sparire da una magica manina.
Ovviamente non compare più sulla testata ma lo troviamo copiato e incollato un po’ ovunque sulla rete antivaccinista italiana. Anche questo articolo, però, esiste ancora su Archive. Su Affari Italiani è rimasto da dicembre 2020 ad aprile 2021. Curioso che noi ce ne fossimo occupati a fine dicembre 2020, senza che in redazione cercassero di nascondere nulla. Chissà cosa è successo ad aprile che li ha fatti decidere a buttare la polvere sotto al tappeto.
Il fatto che due articoli della stessa autrice siano stati rimossi dalla testata in pochi mesi non è proprio una bella cosa, ma evidentemente la signora gode di ottima reputazione in redazione visto che continua a scrivere, curioso che nella sua bio si parli di una persona appassionata di fashion lasciando presagire che si occupi di quello… e invece:
Bisogna arrivare a metà agosto per un suo articolo che parli di moda.
Ma non è questo l’importante. Quello che dovrebbe essere importante è il modo di fare. Vedete, può capitare che venga scritto un articolo che nei mesi successivi si rivela inesatto. Specie se si scrivono molti articoli, o se si tratta una materia difficile come la pandemia. Quando succede, però, cancellare senza dare alcuna spiegazione ai lettori è l’errore peggiore che si può fare, specie se sei una testata online. Perché quanto riportato è stato ovviamente linkato ovunque, e la possibilità che la gente cerchi l’articolo e non trovandolo si convinca delle teorie più assurde è elevata.
Una testata seria dovrebbe eliminare il testo ritenuto inesatto, senza cambiare il link, e spiegare in poche parole la scelta editoriale fatta. Così da dare modo a tutti di farsi la propria idea con a disposizione tutti gli elementi per comprendere.
Non credo di dover aggiungere altro, purtroppo di Affari Italiani durante l’emergenza sanitaria ci siamo trovati a parlare spesso, ci domandiamo dove sia la deontologia professionale, ma noi siamo solo blogger in pigiama.
maicolengel at butac punto it
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