L’ignoranza dei fact-checker
E la denigrazione generalizzata di chi vede la pagliuzza nell'occhio altrui...
Ci avete segnalato un brevissimo video apparso sulla bacheca di Martina Pastorelli, giornalista che in concomitanza con la pandemia ha lanciato l’hashtag e il progetto Catholic Voices, e gli hastag #lachiesachecè e #IVescoviparlano.
Titolo del video che ci avete segnalato:
L’ignoranza dei Fact Checkers
Il video è di breve durata, si tratta di un monologo di un minuto e 46 secondi dove ospite di Martina Pastorelli è Serena Tinari, giornalista d’inchiesta. Il video lo potete vedere qui, ma ve ne riporto la trascrizione:
Questo grandissimo fenomeno, di cui io mi vergogno profondamente perché si presentano come giornalisti, talvolta persino di inchiesta: i fact-checker! Cioè ‘sta roba qua anche questa è uno scandalo nel senso: io ho letto, ogni tanto li leggo, ma così per farmi del male, tu vedi dei risultati di questi fact-checking da cui, per me che insegno queste metodologie all’incontro fra giornalismo d’inchiesta e metodologia scientifica, tu ti dici ma questa persona che ha fatto ‘sto fact-check non sa nulla di scienza di medicina di metodologia di come arriva un farmaco…
Non sa nulla nulla eppure diventa il verbo.
E lì torniamo alla censura, nel senso che quindi chiunque a quel punto dica “ma aspetta un attimo ‘sta roba non è vera” a quel punto vieni anche tu bollato e devo dire con grandissima depressione che in questi due anni anche il giornalismo d’inchiesta ha fallito. Io ho, in questi due anni, fatto duemila lezioni, duemila webinars, abbiamo pubblicato una guida in sette lingue che ci è stata commissionata dalla rete mondiale del giornalismo d’inchiesta. Insomma ne ho fatte di ogni, ma francamente ho visto che le produzioni anche del giornalismo investigativo e anche di quello scientifico, che anche lì ti dici vabbè ok non è che io prima avessi gli occhiali rosa e pensassi che il giornalismo fosse veramente quello che si può sperare che dovrebbe essere però insomma santo cielo abbiamo raggiunto un livello veramente estremamente basso e le vittime di questa situazione sono i lettori e lettrici…
Un minuto e 46 dove la giornalista d’inchiesta Serena Tinari se la prende genericamente con i fact-checker. Un minuto e 46 secondi dove una persona che insegna giornalismo d’inchiesta accusa genericamente una categoria di soggetti di essere ignoranti. No, non sto scrivendo questo articolo perché vivo l’accusa personalmente. BUTAC da prima di qualsiasi altro collega generico si è occupato di medicina usando le parole dei medici (e come ben sapete voi che ci seguite abbiamo in redazione un medico, in prima linea durante la pandemia e firmatario anche di articoli sul COVID-19, il dottor Pietro Arina), si è occupato di scienza usando gli scienziati come consulenti. Ma è proprio per questo che trovo le parole di Tinari mal indirizzate e ritengo sia importante approfondire.
Come ben sa chi ci legge con costanza concordiamo al 100% con la critica al giornalismo. Durante la pandemia, specie in Italia, la funzione del giornalista è andata persa. Troppe testate italiane hanno cavalcato sensazionalismo e discapito dei fatti, generando disinformazione a ciclo continuo e causando grande confusione nel lettore finale.
Il problema però non è dei fact-checker, bensì delle redazioni per cui conta di più dare la parola chi la spara grossa (e raggiungerà un pubblico vasto) che far parlare la comunità scientifica. E questo non è un fenomeno nuovo, sono anni che di scienza sui giornali si parla poco e male, portando alla nascita di realtà come BUTAC e i tanti altri gruppi di fact-checking che abbiamo visto nascere ed evolvere in Italia, e in Europa, in quest’ultimo decennio.
Vedere due giornaliste come Pastorelli e Tinari rivolgere la loro rabbia contro i fact-checker senza una critica seria al mondo del giornalismo di cui loro stesse fanno parte mi lascia con tanto amaro in bocca. Come esiste una “rete mondiale del giornalismo investigativo” esiste anche una rete mondiale per i fact-checker, e ci sono tante ottime voci che vi sono associate e seguono le linee guida indicate per l’affiliazione. Linee guida che prevedono l’uso di fonti affidabili, link alle stesse, e chiara distinzione tra verifica dei fatti e opinioni dell’autore dell’articolo (che in teoria non sono previste in un serio articolo di fact-checking).
Un ultimo appunto, in quei quasi due minuti di video l’idea che mi sono fatto è che non si abbia ben chiaro cosa sia il fact checking, la prima cosa da dire è che i fact checker sono persone e ovviamente è normale che ci sia chi lo fa meglio e chi lo fa peggio, ma comunque sempre di fact checking si tratta. Ovvero verifica dei fatti, come spiegavo giusto stamattina a un lettore che ci chiedeva come scegliessimo le fonti:
…se un giornale titola -Mario Rossi ha detto “io sono simpatico e intelligente”- andremo a verificare se Mario Rossi quella frase l’ha detta, se il titolo era -Lo studio sul plasma dimostra che…- andremo a verificare se lo studio riporta come conclusioni quelle sostenute nel titolo di giornale.
In questi casi si tratta di fact checking puro, l’unica competenza richiesta è il conoscere l’inglese per tradurre nella maniera corretta l’abstract dello studio a cui si fa riferimento, ma le conclusioni sono riportate in maniera che siano comprensibili anche a chi non ha un dottorato in quello specifico campo; capire se dicono le stesse cose riportate dal giornale o meno è fattibile.
La formazione professionale per fare fact checking potremmo dire che dovrebbe essere la stessa di un giornalista, perché non serve avere specifiche competenze per verificare se le cose dette sono le stesse che riportava la fonte citata. Noi comunque usiamo la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri per consulenza in ambito medico quando necessario (visto che collaboriamo insieme nell’ambito del progetto Dottore ma è vero che?) e, quando necessario, usiamo consulenti nelle varie materie che trattiamo , per capirci, ora che si parla tanto di Russia abbiamo un traduttore professionista esperto in russo e Russia in generale con esperienza trentennale.
E giusto per non farci mancare nulla, quando fummo chiamati dalla Presidenza della Camera dei Deputati come consulenti nel progetto Basta Bufale la prima cosa che specificammo è che eravamo contro la censura, e che in Italia vi erano leggi sufficienti per punire i disinformatori seriali, il problema è che non vengono applicate.
Perché ho scritto quest’articolo? Perché vorrei sperare che Tinari correggesse il tiro spiegando materialmente a quali fact-checker fa riferimento, e che facesse esempi concreti di cosa intende quando dice che non sanno nulla di scienza o di medicina. Questo tipo di critiche infatti sono esattamente le stesse che vedo fare da quei soggetti, anche facenti parte della comunità scientifica, che hanno spopolato tra i dubbiosi della pandemia. Da chi non gradiva i vaccini a chi non credeva nell’uso delle mascherine o dei lockdown. Criticare senza specificare di chi si sta parlando è sbagliato, oppure è esattamente quello che ci si è prefissati di fare, diffondendo il dubbio generalizzato.
E guarda caso i luoghi in cui il video circola sono proprio quelli: pagine facebook di estremisti di destra, siti da black list come Il Grande Inganno, gruppi di discussione su Telegram contrari ai vaccini, pagine VK che l’hanno ricaricato a loro uso e consumo.
Non credo sia necessario aggiungere altro.
maicolengel at butac punto it (fact-checker volontario, consulente di FNOMCeO nell’ambito del progetto Dottore ma è vero che?).
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