Information integrity, un nuovo approccio

BUTAC ha aperto i battenti come blog all’indirizzo butac.it nel 2013, da allora non ci siamo mai fermati e abbiamo sempre cercato di riportarvi ogni novità di rilievo nel campo della lotta alla disinformazione. Siamo partiti quando in Italia il fact-checking, pur già esistente grazie a soggetti come Paolo Attivissimo e Salvo di Grazia (quest’ultimo con focus sulla medicina) era ancora poco diffuso, noi abbiamo cercato di contribuire a portarlo su livelli di diffusione diversa, usando le piattaforme social per diffondere quanto pubblicavamo.

All’inizio chiunque, sentendo parlare di “bufale”, pensava alle sciocchezze e alle teorie del complotto un po’ folli o alle truffe stile Totò:

Poi nel 2016 le cose sono un po’ cambiate, qualcuno più grosso di noi si è accorto che il problema era sempre più dilagante e si è diffuso l’allarme globale per la disinformazione. Lo stesso anno si comincia a usare il termine information disorder, grazie al rapporto scritto da Claire Wardle e Hossein Derakhshan che hanno introdotto nel discorso il concetto di “disordine informativo,” paragonando l’effetto della disinformazione a un disturbo medico che danneggia il sistema dell’informazione.

Il fenomeno della disinformazione, che come ripetiamo in ogni nostro evento pubblico esiste da sempre, si è aggravato grazie all’uso sempre più massiccio degli smartphone e dei social network, una combinazione micidiale, oltre alla sempre più scarsa alfabetizzazione critica del pubblico generalista.

Non tutti ritengono che sia un problema o che possa esistere una soluzione; noi, da ormai dodici anni, ci limitiamo a cercare di segnalare che un problema c’è, ma non abbiamo mai pensato di essere la soluzione. Anzi, da sempre cerchiamo di leggere più ricerche possibili sulla materia per capire se qualcuno propone idee nuove.

Ecco, oggi vogliamo parlare non di una soluzione ma di un concetto di cui hanno parlato sul sito dell’Istituto Poynter, istituto che è sia scuola di giornalismo che ente di ricerca senza scopo di lucro.

Information Integrity

Il passaggio dal concetto di “information disorder” a quello di “information integrity” è avvenuto per diverse ragioni fondamentali, tutte legate ai limiti della prima definizione e alla necessità di un approccio più positivo e completo al problema della disinformazione. L’idea è di promuovere non solo la correzione delle notizie sbagliate, ma anche il tentativo di costruire un ambiente informativo sano, con una maggiore trasparenza, che possa così diventare esso stesso un’arma contro la disinformazione. In realtà non si tratta di una vera novità: l’UNDP (United Nations Development Programme) ne parla dal 2022, e se ne è occupata spesso Melissa Fleming, direttrice del Centro Informazioni delle Nazioni Unite. Qui ad esempio in un intervento recente in Messico:

Con il concetto di integrità dell’informazione si vorrebbe promuovere un nuovo modo di fare giornalismo, in maniera più accurata, più trasparente verso il pubblico. Un esempio pratico? Quante testate nei loro articoli oggi citano e linkano le loro fonti? Se parliamo di testate nate online quasi tutte, ma se ci riferiamo ai giornali, quelli blasonati e storici, si sta continuando a portare avanti una forma di giornalismo dove le cose sono così perché lo diciamo noi, e voi vi dovete fidare. Quante volte in Italia abbiamo visto virgolettati che non erano mai stati detti, studi scientifici che non dicevano quanto riportato, news che non erano quello che veniva raccontato? Troppe. Ecco, citare e linkare le fonti serve proprio ad evitare che succeda. Se il lettore può, fin da subito, fare da solo la verifica senza dover perdere giorni a cercare le fonti, diventa di per sé un lettore meglio informato di quanto non è oggi.

Gli obiettivi principali proposti da chi ha lanciato il concetto di information integrity sono:

  • Il contrasto alla censura e alla mancanza di trasparenza, garantendo l’accesso a informazioni accurate.
  • La promozione di un maggiore spirito critico per aiutare il pubblico a navigare nel complesso panorama informativo di oggi.

Gli obbiettivi a nostro avviso sarebbero molto belli, ma purtroppo proposte come questa andrebbero poi sostenute dai governi nazionali, con iniziative che le spingano, e invece vediamo scarso interesse da parte di troppi Paesi verso questa forma di nuovo giornalismo.

Secondo il Poynter Institute il concetto di “integrità dell’informazione” dovrebbe rappresentare un passo avanti rispetto al semplice contrasto del “disordine informativo”, posizionando il fact-checking come parte fondamentale della libertà di espressione e di un’informazione di qualità. Alla stessa maniera occorre pensare sempre di più al prebunking per cercare di prevenire la diffusione della disinformazione: creare anticorpi che ci difendano dalle menzogne invece che limitarsi a contrastarle dopo che sono state diffuse.

Concludendo

Il concetto di “information integrity” nasce per promuovere un approccio più positivo, inclusivo e resistente al problema della disinformazione, concentrandosi non solo sulla correzione degli errori, ma anche sulla costruzione di un ambiente informativo sano, equo e trasparente. Vedremo se stavolta l’idea riuscirà ad attecchire in Paesi come il nostro. Purtroppo, onestamente, fatico a essere ottimista.

maicolengel at butac punto it

Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su PayPal! Può bastare anche il costo di un caffè!

Un altro modo per sostenerci è acquistare uno dei libri consigliati sulla nostra pagina Amazon, la trovi qui.

BUTAC vi aspetta anche su Telegram con il canale con tutti gli aggiornamenti e il gruppo di discussione, segnalazione e quattro chiacchiere con la nostra community.