L’insegnante irlandese per 400 giorni in carcere…

...per aver chiamato "lui" una ragazza transgender? Approfondiamo i fatti

Ci è stato segnalato un articolo che viene condiviso e ripreso partendo da un pezzo di Michele Crudelini su ByoBlu.

Titolo dell’articolo del 9 luglio 2024:

AVEVA CHIAMATO “LUI” UN TRANSGENDER: SCARCERATO DOPO 400 GIORNI

L’articolo comincia con queste parole:

L’estate 2024 potrà essere ricordata come il mese delle scarcerazioni di chi era ingiustamente detenuto per motivi legati alla libertà di opinione e informazione. Dopo la liberazione di Julian Assange è arrivata anche quella di Enoch Burke, docente di storia e lingua tedesca della Wilson’s Hospital School, nella località di Multyfarnham in Irlanda.

Il parallelo tra Assange e Burke ha del ridicolo, visto che il secondo non era affatto “ingiustamente detenuto”: aveva disatteso, più volte, una specifica ordinanza.

Crudelini racconta i fatti così:

…è il maggio 2022 e il professor Enoch Burke viene sospeso a tempo indeterminato dal collegio della Chiesa d’Irlanda. Il motivo? Il docente ha usato il pronome sbagliato nei confronti di una sua alunna, anzi di un suo alunno che era nella fase di cosiddetta transizione sessuale. Invece di usare il neutro “they”, che corrisponde all’italiano “voi”, ha usato il maschile “he” che corrisponde a “lui”.

Tanto è bastato per far scattare la segnalazione alla scuola da parte del ragazzo o ragazza che dir si voglia e dei genitori. E l’istituto ha deciso così di adeguarsi all’ideologia dell’alunno, non solo sospendendo Burke, ma vietandogli l’accesso all’interno dell’edificio scolastico, come se fosse un molestatore qualsiasi.

Il docente ha però deciso di disattendere l’ordinanza, recandosi dentro l’edificio e venendo così arrestato: “Sono un insegnante e non voglio andare in prigione. Oggi volevo stare nella mia aula, e questo è il motivo per cui sono stato arrestato”, aveva detto Burke in quell’occasione.

Cerchiamo di analizzare i fatti. Le fonti che abbiamo rintracciato sono la BBC e l’Irish Times.

Partiamo con Irish Times che spiega l’antefatto, che risale al 2022:

La scuola lo ha (aveva) messo in congedo amministrativo retribuito a settembre in attesa di un procedimento disciplinare derivante dal suo comportamento durante un evento scolastico lo scorso giugno, dove aveva pubblicamente interrogato l’allora preside in merito a una precedente disposizione data agli insegnanti che prevedeva di rivolgersi a un alunno in transizione con il nome scelto e usando il pronome “they” (loro).

Quindi abbiamo un insegnante che ha scelto di attaccare pubblicamente il proprio preside e la struttura in cui lavora, e che per questo è stato sospeso dall’insegnamento in quella scuola in attesa di un procedimento disciplinare che decida se sia il caso licenziarlo o meno. L’insegnante però decide di ignorare la sospensione e continua a recarsi a scuola, scuola che a quel punto lo denuncia alla magistratura per avviare un processo. Non è una questione di “trattarlo come un molestatore”, ma se un’azienda – la scuola, di fatto, in questi casi funziona come un’azienda, e gli insegnanti sono i dipendenti della stessa – decide per la sospensione dal lavoro di un dipendente e lui continua a recarsi al lavoro è abbastanza normale che l’azienda intervenga in maniera più diretta, anche coinvolgendo le forze dell’ordine. In questo caso l’insegnante, sostenendo che la sospensione violasse il suo credo religioso e la sua coscienza, ha continuato ad andare a scuola nelle ore previste dal suo contratto. La scuola pertanto ha avviato una denuncia nei suoi confronti, denuncia che è stata presa in carico da un tribunale. La denuncia quindi non ha nulla a che vedere con la scelta di non usare il pronome “they”, bensì col fatto che l’insegnante ha continuato a presentarsi in un luogo da cui era stato allontanato.

Non è una questione di lana caprina, si tratta materialmente di questioni diverse. L’insegnante è stato sospeso dall’insegnamento in quella struttura perché ha deciso di schierarsi contro una direttiva del proprio datore di lavoro, poco conta quale fosse la direttiva, probabilmente sarebbe stato uguale se il preside avesse chiesto di indossare un completo al lavoro e Burke avesse detto che lui continuava ad andare in tuta da ginnastica. Sul luogo di lavoro le regole sono regole dettate da chi quel luogo lo dirige, un dipendente può non essere d’accordo, ma se decide di non rispettarle si sta ponendo in una posizione che può portare a sospensione e successivamente licenziamento.

La cosa però più interessante viene nelle parole della magistratura irlandese, che spiegava molto bene i fatti già a dicembre 2022 quando Burke fu rilasciato una prima volta dopo circa tre mesi di carcere, era difatti stato incarcerato il 5 settembre dello stesso anno.

A dicembre 2022 il giudice O’Moore, nel firmare l’ordinanza di rilascio, aveva spiegato che tenere Burke in carcere era sbagliato perché la sua permanenza in galera costava denaro dei contribuenti e che lo stesso Burke stesse sfruttando la prigionia per trasformare il caso in qualcosa di famoso: stava utilizzando la sua incarcerazione per portare avanti una battaglia religiosa e poilitica che in realtà non aveva nulla a che fare con le ragioni del suo esser stato incarcerato. E guarda caso ByoBlu parla del caso seguendo esattamente la narrazione (sbagliata) prospettata dal giudice O’Moore.

Da Irish Times di dicembre 2022 che riportava le parole del giudice O’Moore:

Several key decisions by Mr Burke during the litigation were “illogical”, he found, including his view the court orders require him to act in a manner inconsistent with his religious belief.

He said Mr Burke had wrongly claimed he faces jail because of his religious convictions and was acting in a way likely to prolong his imprisonment. It was difficult to avoid the conclusion Mr Burke “is exploiting his imprisonment for his own ends,” the judge said. “The court will not enable someone found to be in contempt of court to garner some advantage from that defiance.”

There was no useful purpose to be served by having Mr Burke imprisoned now and certainly not over Christmas, he said.

Quindi, a dicembre 2022 la Corte ha scelto di sospendere la prigionia di Burke per evitare che lo stesso potesse sfruttare la sua permanenza in carcere a vantaggio della propria falsa narrazione. Oltretutto le scuole sotto Natale erano chiuse, quindi Burke non rischiava di disattendere l’ordinanza che prevedeva l’allontanamento dall’istituto da cui era stato sospeso. Ma sempre in quell’articolo viene riportato che il giudice ha spiegato chiaramente che la sospensione non è definitiva e che se Burke fosse tornato a disattendere quanto previsto dalla sentenza sarebbe tornato in carcere. Cosa che è successa a settembre 2023, con l’inizio del nuovo anno scolastico.

Ma, ancora, non è finito in carcere perché abbia chiamato col pronome sbagliato uno studente che era in transizione, questo deve essere chiaro e ripetuto più volte. È finito in carcere perché non ha accettato di essere sospeso dalla sua posizione, sospensione comminata per non aver accettato una direttiva della sua dirigenza. Dare a intendere diversamente è disinformare.

Qui, per chi volesse ulteriormente approfondire gli articoli della BBC sul caso:

Sperando di avervi aiutato a chiarire le idee su come e quanto certi siti di “controinformazione” italiana seguano specifiche manipolazioni dei fatti per raccontare la loro verità…

maicolengel at butac punto it

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