Libertà di stampa, essere al 58° posto…

Parliamo ancora della classifica di Reporters sans frontiers per spiegare su quali fattori si basa

Ci avete segnalato l’immagine che vedete qui sopra e che circola in rete in maniera virale. In parte abbiamo già trattato quanto viene sostenuto nell’immagine, ma evidentemente c’è bisogno di un ripasso.

L’immagine riporta un testo, questo:

Essere al 58° posto nella graduatoria della libertà di stampa significa che i cittadini italiani ricevono dagli organi di informazione notizie perlopiù false oppure poco veritiere.

Fonte: World Press Freedom Index 2022, l’annuale rapporto sulla libertà di stampa di Reporter Sans Frontier

La frase che avete appena letto dimostra solo una cosa, ovvero che chi l’ha scritta non ha la più pallida idea di cosa sia il World Press Freedom Index. La classifica stilata da Reporters Sans Frontières (RSF) valuta la libertà di stampa in 180 Paesi del mondo, tra cui l’Italia. Viene redatta considerando diversi fattori: l’indipendendenza dei media, la qualità del contesto legislativo, il pluralismo, la sicurezza dei giornalisti, l’autocensura. Non è una classifica che ha direttamente a che vedere con la veridicità delle informazioni veicolate dai media.

La posizione del nostro Paese difatti non è direttamente collegata alla diffusione di “notizie perlopiù false oppure poco veritiere”, ma a una serie di problematiche note legate al nostro contesto mediatico. Come spiegavamo già anni fa:

Le redazioni sono molto più piegate all’editore e ai suoi personali interessi di quanto non succeda ad esempio in Francia o Germania, ma anche in Botswana o nel Ghana.

E questo ovviamente influenza la qualità del giornalismo che viene prodotto. Inoltre, sempre come spiegavamo nel 2021:

…abbiamo una legislazione sul tema che in parte si rifà a regole nate durante il periodo fascista. Come BUTAC potrei – ma lo evito, proprio perché so come funzionano queste cose – raccontarvi dei tanti tentativi di tapparci la bocca con minacce legali di vario tipo, anche da parte di testate giornalistiche nazionali.

Oltretutto nella classifica ora siamo in 46esima posizione, l’anno scorso eravamo 41esimi, solo nel 2021 siamo stati così in basso, al 58° posto; difatti è dal 2022 che questo contenuto viene riproposto periodicamente in diverse forme. Sia chiaro, questo non significa che le cose vadano bene, tutt’altro, ma non è il posizionamento in quella classifica che ci dice qualcosa sulle cause dell’information dsorder in Italia. La responsabilità della diffusione di “notizie false oppure poco veritiere” nel nostro Paese è di una somma di fattori, che andrebbero analizzati uno a uno e affrontati, sia dall’Ordine dei Giornalisti che dal governo stesso. Chi contribuisce all’information disorder dovrebbe subire qualche sanzione, e bisognerebbe aggiornare le normative di legge per evitare che le denunce vengano usate per tappare la bocca a chi cerca di fare chiarezza, come si sta cercando di fare a livello europeo.

Non voglio però limitarmi al World Press Freedom Index, ma vi voglio riportare anche un breve testo da un’altra associazione di monitoraggio dell’informazione, Mapping Media Freedom, che nel rapporto pubblicato a inizio 2024 toccava vari argomenti correlati alla libertà di stampa nel nostro Paese. Noi ci limitiamo a poroporvi questo breve paragrafo:

…in Italy the new coalition government led by PM Georgia Meloni and her far-right Brothers of Italy party also began dialling up the pressure on the media in a number of populist attacks. Unlike in other countries, these took the form of legal threats and lawsuits, often by leading politicians. In December, Claudio Durigon, the Undersecretary of Labour and member of right-wing party Lega, threatened legal action against a newspaper for the third time within a year, accusing Domani of defamation. In December, Minister of Culture Gennaro Sangiuliano sent a letter of formal notice through his lawyers to RAI Radio1 program Un giorno da pecora, threatening legal action and compensation for damages due to the programme making fun of the minister in July 2023. In October, the Undersecretary of Culture Vittorio Sgarbi publicly discredited and threatened legal action against Il Fatto Quotidiano journalist Thomas Mackinson, accusing him of “threats, extortion” and of orchestrating a “campaign with ulterior motives” in response to a report. Overall, 2023 offered continued warnings about the damaging effect populist politics can have on media freedom and the safety of journalists, particularly online. These attempts to discredit the press, and the different tactics and language used to do so, could offer a blueprint for other populist attacks on media in 2024, a year in which several major elections in numerous EU Member States and European Parliament elections will be held.

Che tradotto:

…in Italia, il nuovo governo di coalizione guidato dalla premier Giorgia Meloni e dal suo partito di estrema destra Fratelli d’Italia [eh sì, fuori dai confini italiani lo definiscono regolarmente così, fin dal suo insediamento, mentre noi generalmente siamo abituati a una simpatica definizione di “centrodestra”, ndr] ha iniziato ad aumentare la pressione sui media con una serie di attacchi populisti. A differenza di altri paesi, questi attacchi si sono concretizzati sotto forma di minacce legali e cause giudiziarie, spesso da parte di esponenti politici di primo piano. A dicembre, Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro e membro del partito di destra Lega, ha minacciato azioni legali contro un quotidiano per la terza volta in un anno, accusando Domani di diffamazione. Sempre a dicembre, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha inviato una lettera di diffida tramite i suoi avvocati al programma di Radio1 Un giorno da pecora, minacciando un’azione legale e chiedendo un risarcimento danni a causa delle prese in giro ricevute durante il programma a luglio 2023. A ottobre, il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi ha screditato pubblicamente e minacciato azioni legali contro il giornalista de Il Fatto Quotidiano Thomas Mackinson, accusandolo di “minacce, estorsione” e di orchestrare una “campagna con motivazioni secondarie” in seguito a un articolo. In generale, il 2023 ha offerto continui segnali di allarme sugli effetti dannosi che la politica populista può avere sulla libertà di stampa e sulla sicurezza dei giornalisti, in particolare online. Questi tentativi di screditare la stampa, insieme alle diverse tattiche e al linguaggio utilizzato per farlo, potrebbero costituire un modello per altri attacchi populisti ai media nel 2024, anno in cui si terranno diverse elezioni importanti in vari Stati membri dell’UE e le elezioni del Parlamento europeo.

Ma di queste cose in Italia, tranne che su pochissime testate (di cui tra l’altro non abbiamo grande stima, come Il Fatto Quotidiano), non ne parla quasi nessuno, sia mai che si intensifichino ulteriormente gli “attacchi populisti”. E, ciliegina sulla torta: in Italia chi fa informazione indipendente deve anche subire gli attacchi ad personam di politici e professionisti che in altri Paesi verrebbero invitati alle dimissioni, mentre da noi vengono coccolati dai media.

No, non vi farò esempi, anche se basterebbe girare su Twitter per notare le numerose volte che, invece di ricevere risposte nel merito da parte dei soggetti di cui parliamo, BUTAC viene denigrato sostenendo che non è fatto da giornalisti professionisti, che nella vita faccio altro e che quindi non posso essere anche un buon fact-checker.

maicolengel at butac punto it

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