Nina, la sindrome di Down e la maturità negata per «stress». Lei: ingiusto, lascio il liceo
ANSA:
Liceo nega esame di maturità a ragazza Down
Corriere Adriatico:
Nina Rosa Sorrentino, il suo liceo è inamovibile sul «no» alla maturità, tre scuole le aprono le porte: «Diplomati da noi»
RaiNews:
Nina e il sogno negato della maturità
Le Iene:
Nina, la ragazza con la sindrome di Down esclusa dalla maturità
Potrei andare avanti a lungo riportandovi questo genere di titoli, il leitmotiv è evidente: Nina vuole fare la maturità, i genitori di Nina spingono perché lei la faccia, il cattivo liceo Sabin di Bologna invece gliela nega.
Alice Martinelli, inviata delle Iene, non si limita a un servizio in cui fa parlare la ragazza e i genitori, no, va anche al liceo Sabin a interrogare la dirigente scolastica, con quello stile tipico delle Iene, presentandosi davanti a scuola all’orario dell’entrata, perché prendere appuntamento con le insegnanti di sostegno che hanno seguito la ragazza fino a quel momento pareva brutto. Molto più televisivo inseguire col microfono la dirigente che non ha alcuna colpa, e chiunque dotato di capacità critica sarebbe stato in grado di rendersene conto senza sollevare questo polverone.
Sì, perché questo è un polverone che è stato sollevato per una sola ragione: la cialtronaggine giornalistica e la fame di sensazionalismo.
La preside, il liceo, il consiglio dei docenti, nessuno ha colpa di nulla. Nina, come è stato ribadito più volte, è stata valutata all’inizio del percorso studi, come da normativa in vigore, ed è stato deciso di farle seguire uno specifico percorso che non prevede l’esame di maturità. Percorso che non può essere cambiato da dirigenti scolastici o docenti. Esistono leggi che si occupano della materia, leggi che a inizio della vicenda pare che nemmeno il Ministro per le Disabilità conoscesse, visto come si pronuncia in Parlamento sulla vicenda:
C’è ancora un po’ di strada da fare se quel che apprendo dai giornali è che una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità. Se non si è stati in grado di utilizzare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto peraltro dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità, allora è necessario diventare sempre più forti per far vedere a tutti le cose meravigliose che vedo anche io quando visito realtà e progetti.
Per fortuna a un certo punto qualcuno al Ministero fa presente che appunto quella legge esiste, e che il liceo e la preside non hanno colpa alcuna.
Ma quella legge esiste da anni e non è difficile da trovare, perché i tanti giornalisti che si sono occupati del caso in prima istanza hanno evitato di menzionarla? Perché nessuno, invece che limitarsi a riprendere le lamentele dei genitori di Nina, ha provato a fare chiarezza?
Si tratta della legge 66 del 13 aprile 2017 sull’inclusione scolastica, che prevede sia una commissione a valutare quale piano degli studi vada seguito dalla ragazza, e che se quel piano di studi non prevede l’esame di maturità non è possibile cambiarlo in corso d’opera. Non per cattiveria o discriminazione, ma proprio perché quel piano di studi non prevede determinati insegnamenti che sono invece necessari per accedere all’esame di maturità. Tutte cose che vengono specificate quando vengono fatte queste valutazioni. È possibile cambiare il percorso di studi solo cambiando la valutazione fatta dalla commissione, e questo va fatto in tempo utile per seguire un percorso adeguato per arrivare all’esame finale. Marzo è fuori tempo massimo per tutto questo, e non è la preside a poter cambiare le cose.
La risposta alla nostra domanda di prima è semplice: non era utile al primo obiettivo di un giornalista, vendere copie del suo giornale, spingere la gente a cliccare sull’articolo. No, informare i lettori che la polemica era assolutamente sterile e che era inutile riportarla avrebbe trasformato quella che era una storia succulenta in un trafiletto a fine pagina. Nessun titolone sensazionalistico… nessun botto di visualizzazioni.
Questo è il giornalismo italiano, un giornalismo che se ne infischia di mettere sul banco degli imputati soggetti che non hanno colpe, un giornalismo che preferisce raccontare storie invece che fatti, perché è con le storie (poco importa se vere o false) che si fanno le grandi “views”, non coi fatti.
Non è solo pessimo giornalismo ma anche una dimostrazione di quanto sono scarsi quei politici che si sono pronunciati sulla vicenda. Purtroppo sono tanti, e tutti hanno preferito parlare per sentito dire invece che documentarsi.
Ad esempio la sottosegretaria all’Istruzione e al merito Paola Frassinetti, che ha detto:
Non è certo l’esempio dell’inclusione alla quale aspiriamo. Portare una studentessa con disabilità a cambiare scuola è un episodio grave. La scuola deve utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per permettere ai ragazzi diversamente abili di poter completare i loro percorsi scolastici, di poter crescere e formarsi.
Lo so, per voi che ci leggete è solo l’ennesima dimostrazione di come vadano le cose, ma ci tenevo a scrivere quanto sopra per dare la mia assoluta solidarietà a un liceo della mia città che solo nell’ultimo anno mi ha già chiamato a parlare due volte agli alunni, segno che la corretta informazione, loro, l’hanno molto a cuore.
Ci tengo a scanso di equivoci a precisare che la prima volta che mi hanno invitato il caso Nina non era scoppiato, erano solo interessati a imparare a riconoscere le fake news, non sapevano che sarebbero stati vittima di information disorder di lì a poco.
maicolengel at butac punto it