La nuova ricerca sul plasma iperimmune

Quanti esperti medici ci sono tra politici e giornalisti!

Titola la Verità:

Ricerca americana riabilita De Donno: la sua cura funziona. Eppure fu ignorata

ByoBlu:

DE DONNO AVEVA RAGIONE: LA NUOVA RICERCA SUL PLASMA IPERIMMUNE PUBBLICATA DAL NEJM

E lo stesso fa Giorgia Meloni:

In Italia il professor De Donno fu spesso sbeffeggiato e ostacolato, eppure la terapia da lui promossa continua ad esser studiata e presa in considerazione all’estero. In molti, forse, dovrebbero chiedere scusa per aver tentato di ridicolizzare un uomo che ha lavorato incessantemente per la scienza e per il bene dei suoi pazienti.

Insieme a Meloni anche il suo opponente nell’arco parlamentare Marco Rizzo del Partito Comunista (è interessante notare come i due estremi siano sempre più allineati):

Pandemia, studio: plasma iperimmune efficace se usato entro 5 giorni dall’insorgere della malattia. Adesso lo dicono, ma quando il povero De Donno ed altri medici coraggiosi lo evidenziavano furono massacrati dalla gestione politica della pandemia

Davvero esiste uno studio del NEJM che riabilita la cura De Donno?

Partiamo col vedere cosa prevedeva la cura De Donno, lo facciamo usando le parole usate dallo stesso de Donno nel 2020 quando spiegava la sua terapia a InSanitas:

Il plasma del paziente convalescente proviene da soggetti dichiarati guariti. Non importa la gravità della patologia che hanno avuto, possono essere stati anche non ricoverati, ma devono aver contratto l’infezione, certificata da un tampone. Il plasma viene prelevato durante la convalescenza, che dura 14 giorni e che inizia dopo che il soggetto sia stato sottoposto a due tamponi, entrambi risultati negativi. Abbiamo selezionato i pazienti con gravi insufficienze respiratorie, ma non ancora tali da dover essere intubati. Il plasma infatti, svolge un’azione antivirale e se la tempesta citochinica è troppo avanzata, non è possibile tornare indietro.

La parola chiave è quel gravi insufficienze respiratorie, infatti i pazienti della cura al plasma iperimmune del 2020 ipotizzata dai dottori de Donno, Franchini e Pajola erano soggetti non in terapia intensiva ma già ospedalizzati in quanto pazienti gravi. Successivi studi hanno dimostrato che in quei pazienti la terapia al plasma iperimmune non faceva la differenza che si pensava inizialmente.

Differenza che invece, forse (per ora abbiamo un singolo studio ad affermarlo), può fare in pazienti perlopiù non vaccinati, nei primissimi giorni di comparsa dei sintomi da contagio. O meglio, questo è quello che evidenzia lo studio del NEJM, che guarda caso titola:

Early Outpatient Treatment for Covid-19 with Convalescent Plasma

Vorrei che da subito faceste attenzione: si parla di early outpatients, non pazienti ospedalizzati con gravi insufficienze, il titolo stesso dello studio mostra la grossa differenza con quanto ipotizzato da de Donno & c.

Lo studio poi è ancora più esplicito nelle sue conclusioni:

In participants with Covid-19, most of whom were unvaccinated, the administration of convalescent plasma within 9 days after the onset of symptoms reduced the risk of disease progression leading to hospitalization.

Non capire che questo non dà ragione al povero De Donno è grave. L’equipe che aveva ipotizzato che la terapia funzionasse in pazienti ospedalizzati ha continuato a curare così per circa un anno, senza che ci fossero particolari risultati che ne dimostrassero l’efficacia. E oggi la strada della terapia al plasma in pazienti già ricoverati è stata abbandonata sia da noi che all’estero, comprendendo che la via non era quella corretta.

La terapia fatta in pazienti ancora al proprio domicilio, e non ancora gravi, prevede di dover trattare il prima possibile tutti coloro che sviluppano sintomi da infezione da SARS-CoV-2. La cosa, come credo che chiunque possa comprendere, non è semplice come trattare chi è già in ospedale. Oltre al fatto che, come spiegano le conclusioni dello studio stesso, non è una cura ma un trattamento che si limita a ridurre il rischio, non annullarlo.

Sostenere che un paziente a casa con i sintomi di COVID-19 sia uguale a uno ospedalizzato con gravi insufficienze respiratorie è come dire che mele e pere sono uguali. Pensare che i risultati usciti sul NEJM diano ragione a una terapia basata sulla stessa procedura, ma in momento diverso del percorso della malattia, significa non capire davvero nulla di metodo scientifico e medicina. L’elenco dei giornalisti e politici che possiamo inserire in questa categoria è lunghetto, non stiamo ad annoiarvi.

maicolengel at butac punto it

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