Il Prosek e l’ignoranza alimentare
Ma anche parmigiano e bistecche sintetiche, non ci facciamo mancare niente quando si tratta di pubblicare notizie a casaccio
No, non parleremo di sovranità alimentare, altri l’hanno fatto con competenza e professionalità, oggi voglio solo fare chiarezza su uno dei tanti cavalli di battaglia usati per pura propaganda politica.
Oggi parliamo di Prošek, visti i titoli di certe testate nazionali, come questo de Il Giornale:
Parmesan, Prosek e bistecche sintetiche: con la Meloni parte la difesa del Made in Italy
Siamo nel campo della misinformazione, perché è evidente che la giornalista non sa di cosa sta parlando e ha fatto il classico articolo per ingraziarsi i politici e i lettori che leggono la testata. Sia chiaro, l’articolo nella sua totalità dice anche cose corrette, e a essere onesti parla di Prošek solo in chiusura, solo che i toni con cui ne parla sono profondamente errati, e diffondono disinformazione, un tipo di disinformazione che, come sappiamo, una volta che circola è quasi impossibile bloccare. Questa è la frase con cui si chiude l’articolo de Il Giornale:
… sul tavolo c’è anche la lotta al cibo sintetico, alle contraffazioni dei prodotti tipici della Penisola – come il Parmesan e il Prosek – che causano alla nostra economia un danno potenziale da oltre 100 miliardi di euro, e il sostegno ad un comparto messo in difficoltà dall’aumento dei prezzi di materie prime ed energia a causa delle tensioni internazionali e della speculazione.
Che nel mondo esistano tonnellate di prodotti che seguono la regola chiamata Italian Sounding – fenomeno che consiste nell’uso di parole e immagini evocativi del nostro Paese, ma che si riferiscono a prodotti che in realtà non sono italiani – è un dato di fatto. Che questo causi un danno economico al nostro Paese pure. Ma il Prošek non rientra tra quelli. Sì, certo, suona moltissimo come il Prosecco, e magari ha anche una simile origine etimologica, ma resta un vino dolce originario della Dalmazia, niente a che fare con il nostro vino frizzante tanto amato agli aperitivi. Si trova citato nel libro La pesca e le obiezioni del pescatore, datato 1566, autore Petar Hektorović. Successivamente è citato nel resoconto del Viaggio in Dalmazia dell’abate Alberto Fortis, 1776.
Come dicevamo, il Prošek è proprio diverso dal nostro Prosecco, il primo è un vino da dessert, appartiene al gruppo dei vini passiti, il secondo è uno spumante secco. Definirlo contraffazione del nostro prodotto è volerne ignorarne la storia. Che sia chiaro, nessuno pretende che tutti la conoscano, ma se sei un politico – o un giornalista – che vuole accusare altri di contraffazione di prodotti italiani magari prima di farlo documentati, no?
Di tutto questo avevamo già parlato in precedenza perché certi politici (e certi giornali) sono soliti disinformare sul tema.
In chiusura un piccolo appunto finale: le bistecche sintetiche non sono un attacco al Made in Italy (oltretutto ad oggi non produciamo abbastanza carne in loco da soddisfare il fabbisogno nazionale), ma un attacco agli allevamenti intensivi con un occhio all’eticità della scelta. Consumare carne sintetica serve a limitare l’impatto umano al cambiamento climatico, meno allevamenti intensivi minor produzione di C02. Al momento le modalità di produzione sono tutte piuttosto dispendiose dal punto di vista energetico, quindi si sta ancora studiando come poter produrre una quantità di carne sintetica che possa effettivamente migliorare la situazione climatica diminuendo le emissioni necessarie a cibare tutto il pianeta, e non limitarsi a sostituire quelle che servono a produrre la carne dagli animali con quelle che servono a produrre la carne in laboratorio. La questione, comunque, è molto complessa e dibattuta in svariati ambiti (Noemi vi consiglia un bel libro sulle sfide delle tecnologie del futuro che parla anche di questo, “Sesso, androidi e carne vegana” di Jenny Kleeman, di cui ha parlato qui). Ignorare queste cose e raccontare al lettore che la battaglia per la sovranità alimentare serve a difendere il Made in Italy è un grave errore disinformativo che ci possiamo aspettare dai politici che portano acqua al loro mulino, non dai giornalisti che dovrebbero aiutare il lettore a districarsi nel marasma di informazioni che circolano.
Sempre nello stesso articolo si parla anche della battaglia contro il Nutriscore, con la solita retorica che lo vuole come un sistema fatto apposta per penalizzare i prodotti italiani, vi abbiamo già spiegato che non è così, più e più volte. Possono esistere sistemi migliori per classificare i prodotti in base alle loro caratteristiche più o meno salutari, sicuramente il Nutriscore non è l’unico e non è il migliore. Ma nemmeno è corretto permettere a chiunque di dare a intendere che se quella merendina è senza olio di palma allora fa bene…
maicolengel at butac punto it
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