La sentenza del TAR del Lazio sulla vigile attesa
Facciamo chiarezza (di nuovo)
Al momento ancora non ci sono arrivate segnalazioni di sorta se non alcuni commenti su Facebook, ma è notizia di ieri la sentenza del TAR del Lazio sulla circolare del Ministero della Salute riguardante “tachipirina e vigile attesa” come titolato da alcuni quotidiani e TG, ad esempio TgCom24:
Covid, il Tar accoglie il ricorso del Comitato cura domiciliare: sospesa la circolare su Tachipirina e “vigile attesa”
O peggio quello di Quotidiano Nazionale che dimostra proprio di non avere nemmeno tentato di leggere la sentenza:
“Cure domiciliari Covid libere”. Il Tar boccia il ministero
Ma ormai ci siamo abituati a questo modo di fare giornalismo un tanto al chilo. Siamo di fronte a qualcosa di simile a quanto abbiamo già trattato l’anno scorso, che però credo sia necessario chiarire perché sono tanti i sostenitori della “terapia domiciliari” (evidentemente anche tra i giornalisti) che stanno sfruttando la sentenza per sostenere una ragione che non esiste da nessuna parte, neppure nella sentenza stessa.
Vi riporto dalla sentenza stessa in maniera che possiate leggere di cosa stiamo parlando:
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZAsul ricorso numero di registro generale 6949 del 2021, proposto da
Fabrizio Salvucci, Riccardo Szumski, Luca Poretti, rappresentati e difesi dagli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Valentina Piraino in Roma, via San Tommaso D’Aquino, 104;
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento, previa sospensiva della Circolare del Ministero della Salute recante “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” aggiornata al 26 aprile 2021, nella parte in cui, nei primi giorni di malattia da Sars Cov-2, prevede unicamente una “vigilante attesa” e somministrazione di fans e paracetamolo e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da covid nonché di ogni altro atto connesso…
Abbiamo messo in grassetto quanto viene materialmente chiesto dai firmatari del ricorso. La sentenza è di sole cinque pagine, che suggeriamo a tutti di leggere, e una parte importante è indubbiamente quella finale, che riportiamo di seguito:
…è opportuno rappresentare che il giudice di appello nello scrutinare una analoga vicenda giudiziaria (la censura afferente alla sola determinazione dell’AIFA) ha precisato che :”… la nota AIFA non pregiudica l’autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza, della terapia ritenuta più opportuna, laddove la sua sospensione fino alla definizione del giudizio di merito determina al contrario il venir meno di linee guida, fondate su evidenze scientifiche documentate in giudizio, tali da fornire un ausilio (ancorché non vincolante) a tale spazio di autonomia prescrittiva, comunque garantito”. Quindi, il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale.
Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto.
Quindi per riassumere, esiste già una causa identica contro la sola AIFA, causa di cui qui su BUTAC avevamo già parlato e che riporta conclusioni pressoché identiche a questa contro il Ministero. Conclusioni che non dimostrano in alcuna maniera l’efficacia delle cure domiciliari né l’esistenza di basi scientifiche su cui il gruppo abbia presentato ricorso. Il TAR non è stato chiamato a deliberare sull’efficacia delle cure proposte dai firmatari né potrebbe farlo visto che è un tribunale amministrativo. Le due sentenze hanno solo lo scopo di permettere ai sostenitori delle terapie domiciliari e ai loro legali di farsi belli dando a intendere che sia così. Ma non lo è, e basterebbe leggerle con attenzione per rendersene conto.
Come spiegato nei grassetti qui sopra i giudici del TAR hanno ritenuto che la nota del Ministero in merito alla vigile attesa fosse in contrasto con l’attività professionale del medico, evidenziando che il medico deve poter scegliere la terapia ritenuta più opportuna in scienza e coscienza. Quel “scienza e coscienza” è importantissimo, perché vedete, poche righe sopra, parlando delle prescrizioni di medicinali su cui la nota ministeriale “pone indicazioni di non utilizzo” nella sentenza veniva spiegato che:
…la validità giuridica di tali prescrizioni, è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito.
Quindi il Tribunale ha accolto il ricorso, sottolineando che la nota ministeriale era nata proprio per evitare possibili eventi sfavorevoli ai pazienti fornendo ai medici – come succede normalmente – linee guida per fare le loro scelte in maniera veloce ed efficiente senza dover consultare in prima persona tutta la letteratura sul tema, cosa che specialmente durante un’emergenza sanitaria può non essere sempre possibile. Ma siccome un medico ha studiato proprio per avere le conoscenze per prendersi cura del paziente il TAR ha stabilito che limitare in qualsiasi maniera la sua possibilità di prescrivere ai propri pazienti quel che preferisce è sbagliato. Ovviamente di queste scelte se ne prende la responsabilità, quindi nello sfortunato caso che il suo paziente subisca effetti collaterali gravi e gli faccia causa, il medico dovrà spiegare perché ha scelto di prescrivere tale farmaco e fornire le prove di aver deciso tenendo in considerazione le più aggiornate e robuste evidenze scientifiche, come richiesto dal codice deontologico.
Quello che però il TAR evita completamente di trattare è quanto avevamo già spiegato in precedenza, ovvero che non è affatto vero, come sostenuto dai firmatari del ricorso, che Ministero della Salute e AIFA prevedessero solo tachipirina e vigile attesa:
Qualsiasi medico serio ve lo può confermare, qualsiasi medico che abbia approfondito quali fossero i protocolli vi può mostrare i documenti con le linee guida di AIFA risalenti al 2020, e mostrarvi che riportavano:
Il problema è che i firmatari del ricorso volevano sentirsi liberi e autorizzati appunto a usare qualsiasi farmaco a loro avviso potesse essere valido per trattare l’infezione da Sars-Cov-2. Nessuno dei tanti farmaci di cui hanno sostenuto l’efficacia domiciliare ad oggi ha dimostrato di migliorare il decorso della malattia, a fronte di effetti collaterali potenzialmente gravi. Siamo nel 2022 e una vera cura domiciliare ancora non esiste, come ribadito proprio oggi in un aggiornamento ricco di fonti sul sito Dottore, ma è vero che? della FNOMCeO, in compenso esistono gruppi e associazioni che, senza aver pubblicato alcuno studio scientifico che ne dimostri l’efficacia, hanno passato mesi a sostenere la bontà dei loro inesistenti protocolli.
Non crediamo sia necessario aggiungere altro, tanto se siete tra i sostenitori dei suddetti gruppi non vi convinceremo mai, se invece siete tra chi è in grado di comprendere quanto riportato del nostro articolo non ne avevate alcun bisogno.
Aggiornamento del 19/01: è notizia di pochi minuti fa che il Consiglio di Stato ha sospeso la sentenza del TAR del Lazio.
La redazione di BUTAC
redazione at butac punto it
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