SV40, Pfizer e i video virali

Le accuse senza prove ai vaccini anti-COVID da parte di chi aveva un progetto commerciale concorrente...

C’è un video che ci è stato segnalato come virale su social network vari, il video è questo:

Condiviso ad esempio sul profilo di un musicista che scrive:

✅ “Gli inoculi della Pfizer sono tutti pieni di SV40. Già ai miei tempi iniettavamo SV40 nei topi per fargli sviluppare tumori. E adesso lo stanno iniettando negli esseri umani. Questi capi di Moderna e Pfizer sono semplicemente il male puro, e devono essere ritenuti responsabili”.
▶️ Angus Dalgleish, professore di oncologia presso St George’s University of London, durante una recente discussione con il Medical Doctors for COVID Ethics International, descrive come le iniezioni COVID della Pfizer siano “piene di SV40”, che è ciò che viene “messo nei topi per fargli sviluppare tumori”.
PS: il mondo è pieno di complottisti che dicono tutti la stessa cosa.
E casualmente sono tutti luminari nella propria specializzazione.

Nel video sentiamo appunto l’oncologo settantacinquenne Angus Dalgleish sostenere che gli australiani avrebbero le prove che il vaccino anti-COVID di Pfizer sarebbe contaminato dal virus SV40, di cui avevamo parlato altre volte. Dalgleish sostiene che di queste prove si sarebbe parlato nel corso di una conferenza a Perth, dove ci sarebbe stato un “dibattito con il premier dell’Asutralia Occidentale” sulla questione COVID-19.

Prove di quanto affermato? Nessuna. Se andiamo a cercare una conferenza a Perth in cui si parlasse dell’argomento troviamo dichiarazioni dello stesso Dalgleish, che riporta le stesse identiche cose anche in Australia, sempre senza prove verificabili.

Quello che però non vediamo sottolineare nel post che circola in italiano è che Angus Dalgleish ha degli specifici interessi ad affossare i vaccini anti-COVID esistenti, visto che l’oncologo è tra i sostenitori – nonché azionisti della casa farmaceutica che l’ha sviluppato – di un altro vaccino, presentato a giugno 2020, il norvegese Biovacc-19.

Quaindi, quando dice che i vaccini fanno male, si tratta di un’affermazione valida per tutti ma non per quello da lui promosso, e questo dovrebbe darci una chiara chiave di lettura delle sue affermazioni. La cosa più curiosa è che sul Biovacc-19 ha scritto testi scientifici a sostegno, mentre sulle sue accuse contro Pfizer ha scritto e rilasciato interviste, ma come oncologo si è ben guardato dal pubblicare studi.

La sperimentazione su Biovacc-19 non ha mai superato le prime fasi di ricerca, e difatti nessuno ne ha mai sentito concretamente parlare. Non risultano studi clinici pubblicati e verificati su larga scala per dimostrare l’efficacia di Biovacc-19. Senza dati peer-reviewed provenienti da sperimentazioni umane di fase 1, 2 o 3, non è possibile valutarne la sicurezza, l’efficacia o i benefici rispetto ai vaccini già approvati. Dal 2020 non si hanno più notizie significative su progressi concreti del farmaco. L’assenza di aggiornamenti su sperimentazioni cliniche suggerisce che il progetto potrebbe essere stato abbandonato o non sia mai arrivato a fasi più avanzate.

La credibilità di Dalgleish è stata più volte messa in dubbio dalla comunità scientifica internazionale, che ha bollato le sue uscite come tentativi di fare cassa, grazie appunto a conferenze e libri, che anche nel nostro Paese hanno trovato editori compiacenti a cui poco importa se una fonte sia o meno affidabile, l’unica cosa che importa è che il libro si venda. E sulla disinformazione pandemica si sono fatte grandi fortune nel nostro Paese e nel mondo.

Conclusioni

Non esistono evidenze scientifiche o verifiche indipendenti che dimostrino la presenza di SV40 nei vaccini Pfizer. Le affermazioni fatte da Dalgleish non trovano riscontri nella letteratura medica e sembrano semplicemente parte di una narrativa complottista. Condividere i suoi video o i suoi testi significa affidare la propria salute a uno scienziato che ha, consapevolmente, scelto di non seguire il metodo scientifico. Come ripetiamo spesso, le teorie sostenute da una minoranza di esperti devono essere verificate da studi solidi e peer-reviewed. Senza quegli studi condividere serve solo a fare il gioco della disinformazione.

maicolengel at butac punto it

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