The Boys è diventato woke?

A pochi giorni dal finale della quarta stagione, qualcuno particolarmente sveglio si è reso conto che la serie TV, come il fumetto, è una feroce critica satirica a una certa politica

Ma quando mai mi ricapita di parlare così tanto di fumetti come ultimamente?  Perdonatemi se colgo la palla al balzo, ma non posso farne a meno: sono giorni che leggo articoli su testate varie (spesso scollegate dal mondo dei fumetti) che parlano della nuova stagione di The Boys e di come il pubblico si stia lamentando della piega woke che ha preso la serie.

La cosa che mi lascia un filo dubbioso sulla serietà di questi commenti e critiche è che pochi fanno raffronti con il fumetto da cui la serie è tratta, fumetto uscito nel 2006 e che ha terminato il suo arco narrativo nel 2012.

Quanto segue non è un vero fact-checking, ma l’articolo di un appassionato di fumetti che ne legge da quando aveva sei anni, e non smetterà mai. Perdonatemi se trovate l’articolo avulso dal resto di BUTAC, ma questo continua ad essere il blog che ho fondato nel 2013.

Dal fumetto alla serie TV

La serie TV infatti deriva da un fumetto di Garth Ennis, fumetto che, come è normale che sia, ha letto solo una parte degli spettatori della serie TV. Io l’ho letto tutto tra il 2008 e il 2012 e posso ripotarvi che nel fumetto l’atmosfera è ancora più estrema in termini di satira della società, e fa riferimento a una situazione in cui ancora non si era visto un Donald Trump presidente degli Stati Uniti.

“The Boys” è un’opera che, con il suo tono dissacrante e brutale, già alla sua uscita anticipava molti dei temi del mondo contemporaneo. Ennis, già noto per “The Preacher”, offre al lettore una satira cruda della società moderna, una critica che è tanto più potente quanto più si avvicina alla realtà. Il fumetto, con i suoi toni estremi e il linguaggio eccessivo, non è adatto a tutti, ma a mio avviso rappresenta una lettura fondamentale per chi vuole capire meglio le dinamiche del potere e della corruzione nella nostra società.

La serie TV derivata dal fumetto ha portato queste tematiche a un pubblico più ampio. Ci sono alcune differenze significative tra le due opere. Mentre il fumetto offre una satira esplicita e feroce, la serie TV ha dovuto bilanciare il messaggio con esigenze di intrattenimento, rendendo alcuni aspetti della critica sociale un po’ meno taglienti. Ma lungi dal definirla una serie figlia della cultura “woke”, siamo di fronte a un racconto nato ben prima che quella che per alcuni è appunto la cultura “woke” nascesse.

Homelander

La cosa che evidentemente non era chiara fin dall’inizio è che il cattivo della storia è sempre Homelander: nel fumetto questo si comprende quasi da subito, mentre nella serie ci sono alcuni (forse troppi) che avevano scambiato il biondo superumano per il paladino della giustizia, con qualche difetto certo, ma comunque un eroe a cui guardare con stima e rispetto.

Ma non è una questione di scelta editoriale di registi e sceneggiatori, Homelander è sempre stato il cattivo, fin dal primo numero del 2006. Non capirlo e lamentarsi perché per le scorse stagioni si è fatto il tifo per lui è sintomo di scarse capacità nel seguire una trama, complessa sì, ma abbastanza semplice nella sua evoluzione. Homelander e la Vought International sono i cattivi, e nel fumetto le sue azioni erano ancora più estreme di quanto visto nella serie TV. Quest’ultima, d’altro canto, ha cercato di approfondire l’aspetto del suo costante bisogno di approvazione, rendendolo in parte più umano e complesso di quanto non fosse il fumetto.

Frenchie

Un vero punto di cambiamento rispetto al fumetto è la sessualità di Frenchie, in originale The Frenchman, che nel fumetto non ha una relazione romantica con Kimiko (The Female), pur essendoci chiaramente attrazione. Non viene nemmeno indagata in alcuna maniera la sua sessualità, mentre nella serie viene mostrata come bi o pansessuale. Ma basare su questo la critica alla serie definendola “woke” mi pare esagerato.

Firecracker e Sister Sage

Qui siamo di fronte a due eroine nate apposta per la serie TV, entrambe parte della squadra di Homelander. Entrambe rappresentano la manipolazione dei fatti, basti pensare come risponde Firecracker – che ricorda i tanti imbonitori americani che hanno fatto successo diffondendo teorie del complotto, narrazioni divisive e polarizzazione violenta e i loro seguitissimi canali YouTube – quando Sage le chiede cosa offre ai suoi follower:

I sell purpose. These people got nothing. Maybe they lost a job or a house or a kid to oxy. Politicians don’t give a shit, mainstream media tells them to be ashamed of their skin color so, well, I bring ’em together, tell them a story, give them a purpose. Which would you rather believe? That you belong to a community of warriors battling a secret evil, or that you’re a lonely, and consequential nobody that no one will ever remember?

Sage, il cui superpotere è la superintelligenza, è la personificazione della manipolazione dei fatti: è grazie alla sua superiorità intellettuale che è in grado di pianificare eventi futuri con una precisione tale da permetterle di essere una “game changer”. Il suo usare le persone come pedine in un immenso gioco di scacchi fa impressione, specie quando, in ben più piccola scala, l’abbiamo visto fare da svariati guru del complottismo vero.

TruthCon

Ciò che ha sicuramente infastidito di più un certo pubblico è tutta la parte che si svolge durante la TruthCon. Per chi non ha mai visto la serie, TruthCon è la fittizia convention annuale dei fan di Homelander, gestita e visitata principalmente da membri di gruppi “alt-supes”, soggetti che viene spontaneo paragonare ai sovranisti populisti che affollano la rete come affollavano Capitol Hill il 6 gennaio 2021. Soggetti che non si rendono conto di essere pedine nelle mani di chi, come Sage, è un gradino (o molti di più) sopra di loro.

Critica alla società

Il fumetto, e la serie, rappresentano una critica pesante all’avidità delle multinazionali e della politica americana oltre che alla cultura del superuomo. Nel fumetto la satira è ancora più esplicita e il commento sociale più pungente rispetto a quanto visto sul piccolo schermo. A mio avviso, se avessero trasposto fedelmente il fumetto, probabilmente oggi le critiche non ci sarebbero, perché chi lo critica oggi non avrebbe mai cominciato a vedere la serie.

Difatti, da appassionato del fumetto della prima ora e avido spettatore della serie, devo rilevare che quest’ultima ha un approccio decisamente più moderato nei contenuti di critica, permettendo così un approfondimento maggiore sui personaggi principali – omettendo perà moltissimi dei personaggi secondari che invece appaiono nel fumetto.

maicolengel at butac punto it

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