Vademecum su tante delle falsità che girano sulla vicenda Ucraina
Realizzato grazie a un editoriale di Marco Travaglio
Il 20 marzo è uscito un editoriale del Fatto Quotidiano a firma del direttore, Marco Travaglio. Il testo è interessante perché è un buonissimo esempio di come sia possibile propagandare delle vere e proprie falsità, facendo allusioni e isolando i fatti dal loro contesto. L’articolo non verrà riportato integralmente ma a spezzoni, per poterlo analizzare meglio.
A chi crede o vuole far credere che la guerra in Ucraina sia iniziata il 24 febbraio 2022 con l’attacco criminale di Putin e dimentica i 16mila morti in otto anni nel Donbass, gli accordi di Minsk sull’autonomia della regione russofona traditi da Kiev e altre cosucce, segnalo un fatterello che mi ha ricordato il lettore Angelo Caria.
Già in queste poche righe sono presenti diverse invenzioni. La prima riguarda il numero dei morti in Donbass precedente all’invasione russa, di cui abbiamo già parlato: non sono 16mila, ma 14mila (fonte: Alto commissariato delle Nazioni Unite). Questa inesattezza di per sé non cambia il senso di quello che Travaglio vuole comunicare, ma dimostra la mancanza di cura con cui il direttore del Fatto verifica le proprie informazioni. Per quanto riguarda gli accordi di Minsk viene affermato che questi siano stati traditi da Kiev, ma non è proprio così: né l’Ucraina né la Russia erano d’accordo sull’interpretazione da dare al protocollo. Il governo ucraino intendeva gli accordi come una conferma della propria integrità territoriale, del controllo delle frontiere a cui sarebbe seguita la concessione di un’autonomia per le regioni contestate. Secondo il governo russo invece il protocollo di Minsk garantiva alle autorità ribelli del Donbass una larga autonomia, in modo da permettere alla Russia di porre il veto alle decisioni ucraine in politica estera. Quindi gli accordi sono falliti perché nessuna delle due parti era d’accordo sul loro significato, altroché “traditi da Kiev”. Ma andiamo avanti.
La protagonista è Victoria J. Nuland, oggi sottosegretario agli Affari politici di Joe Biden (democratico), ieri pedina-chiave dell’amministrazione di George W. Bush (repubblicano), che la promosse consigliere del suo vice Dick Cheney (2003-05) e ambasciatrice alla Nato (2005-08), e poi dell’amministrazione di Barack Obama (democratico), che nel 2013 la nominò Assistente del Segretario di Stato (John Kerry) per gli Affari Europei ed Eurasiatici. Moglie del superfalco neocon Robert Kagan, fervida sostenitrice delle guerre in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, nel dicembre 2013 la Nuland dichiara: “Gli Usa hanno investito 5 miliardi di dollari per dare all’Ucraina il futuro che merita”. Poi vola a Kiev a promuovere la “rivolta di Euromaidan”: la sanguinosa protesta nazionalista che il 22 febbraio 2014, con l’ausilio di milizie neonaziste, caccerà il presidente eletto Viktor Yanukovich, filo-russo ma anche filo-Ue.
Quella che Travaglio definisce “sanguinosa protesta nazionalista” nasce in realtà nel novembre del 2013 a seguito dell’improvvisa decisione di Yanukovich di ribaltare la sua politica di avvicinamento alla UE sostituendola con maggiori legami con la Russia. La protesta diventa violenta solo dopo i numerosi tentativi (questi sì, sanguinosi) delle forze di sicurezza ucraine di disperdere i manifestanti e dopo l’emanazione di una serie di leggi volte ad impedire la libertà di manifestazione e di parola. Il ruolo delle milizie neonaziste viene evidenziato da Travaglio, ma in realtà il loro partito Svoboda nelle elezioni del 2014 ha preso solo 6 seggi su 450 e nel 2019 si sono ridotti a uno. A proposito degli eventi di piazza Maidan segnaliamo questo documentario del 2015: Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom. Molto impressionante da vedere oggi.
Ricapitolando: la protesta di Maidan non era sanguinosa prima che provassero a reprimerla; Yanukovich non era più filo-UE, ma decisamente filo-russo; no i neonazisti non hanno avuto un ruolo importante (così come Travaglio insinua soavemente).
A fine gennaio, un mese prima del ribaltone, mentre Obama&C. inneggiano all’autodeterminazione degli ucraini, la Nuland si fa beccare da uno spione (forse russo, che pubblica il leak su YouTube) al telefono con Geoffrey Pyatt, ambasciatore Usa in Ucraina. Nella conversazione, tuttora in rete, i due già sanno che Yanukovich cadrà e decidono – non si sa bene a che titolo – chi dei suoi oppositori dovrà fare il premier e il ministro del futuro governo. La Nuland confida di aver esposto il suo piano di “pacificazione” dell’Ucraina al sottosegretario per gli Affari politici dell’Onu, l’americano Jeffrey Feltman, intenzionato a nominare un inviato speciale d’intesa col vicepresidente Usa Joe Biden e all’insaputa degli alleati Nato e Ue. “Sarebbe grande”, chiosa la Nuland. Che non gradisce come futuro premier ucraino il capo dell’opposizione, l’ex pugile Vitali Klitschko (“Non penso sia una buona idea”): meglio l’uomo delle banche Arseniy Yatsenyuk, che infatti andrà al governo di lì a un mese. Pyatt vorrebbe consultare l’Ue, ma la Nuland replica con una frase che è tutta un programma, infatti sarà il programma di Obama e Biden sull’Ucraina e sull’Europa: “Fuck the Eu!” (l’Ue si fotta!). La Merkel e il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy protestano perchè sono “parole assolutamente inaccettabili”.
Ma non perché gli Usa decidono il governo e il futuro dell’Ucraina come se fosse una loro colonia. Già: come se fosse.
La ricostruzione della conversazione è disponibile integralmente sul sito della BBC e dimostra che gli Stati Uniti erano decisamente interessati a quello che accadeva in Ucraina e al futuro assetto del Paese. A me sembra abbastanza normale in politica estera, ma è chiaro che sono conversazioni che in genere non vengono alla luce e si è trattata oggettivamente di una brutta figura. Naturalmente il fatto che questo scambio sia stato intercettato e pubblicamente rilasciato fa supporre che gli USA non fossero gli unici a interessarsi delle vicende ucraine. Chiudendo il proprio articolo Travaglio esprime la convinzione che l’Ucraina sia una colonia USA, ma vale la pena notare che gli ucraini hanno scelto da soli il loro governo nelle elezioni del 2014 e del 2019.
Non mi risulta che nelle colonie si tengano libere elezioni.
Michele Armellini
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