Il rischio di certe banalizzazioni giornalistiche

Un commento sulle scelte dei quotidiani che approfondiscono i personaggi ma non le loro posizioni politiche

Pochi giorni fa commentavo con un caro amico un titolo che avevo letto sul Corriere della Sera:

Chi è Alice Weidel, leader di Afd che punta a guidare la Germania: lesbica, due figli con un’immigrata srilankese, vive in Svizzera

A prima vista, una leader del genere sembrerebbe preferibile rispetto a certe figure di destra viste anche da noi. Poi ho riflettuto: ma che titolo è quello del Corriere? Cosa mi interessa della sua vita privata, delle sue preferenze sessuali, della provenienza geografica della sua partner? Non la devo assumere come babysitter, né scegliere in base alla simpatia. La domanda è: come intende governare la Germania?

Al lettore dovrebbe interessare sapere qual è il suo programma politico, che cosa intende fare coi voti che ha tirato su, come la pensa il suo partito sulla situazione globale.

Qualsiasi altra considerazione è una “normalizzazione” non strettamente necessaria. È, a mio avviso, lo stesso errore fatto con la canzonetta “Sono Giorgia, sono una madre”: nata per sfottere, ha finito per renderla più simpatica a molta gente.

Il titolo del Corriere costruisce un’immagine “accettabile” di Weidel, come se essere lesbica e avere una famiglia multiculturale la rendesse automaticamente più moderata. Ma la politica non funziona così. Il populismo non si valuta dalla vita privata dei suoi esponenti, ma dai suoi programmi. E l’AfD è un partito che si è spostato sempre più a destra negli anni, con posizioni dure, durissime su immigrazione, Unione Europea e transizione ecologica.

Sono quelli i punti che un giornale come il Corriere dovrebbe analizzare, approfondire e spiegare ai propri lettori, non la vita personale della sua leader.

Tutti i media dovrebbero fare informazione, non storytelling, perché così il rischio è quello di banalizzare figure che hanno preso posizioni complesse (e preoccupanti). Sia chiaro, l’articolo del Corriere non si limita a una narrazione edulcorata della vita di Weidel: nell’articolo la sua personalità è analizzata in maniera approfondita, riportando svariati aneddoti sul suo passato che inquadrano bene la figura. Ma appunto si parla di Alice Weidel, non del suo partito, e lo si fa cadendo in chiusura dell’articolo in quello che a nostro avviso è un altro errore: si parla del nonno, in quanto fu un giudice militare tedesco dall’invasione della Polonia alla fine della guerra, un giudice iscritto al partito nazionalsocialista e alle SS, ancor prima della presa di potere di Hitler. Il nonno della Weidel era un giudice nazista? Storia interessante, ma irrilevante. Non dobbiamo giudicare la genealogia di un politico, ma il suo programma e le sue dichiarazioni.

Se il Corriere, nell’articolo, avesse dedicato lo stesso spazio all’analisi del programma dell’AfD, forse avremmo tutti le idee più chiare su chi è davvero Alice Weidel.

Una volta chiuso l’articolo ho scoperto di non essere il solo a trovare sbagliato quel titolo: Giuditta Pini, politica emiliana, aveva pubblicato un video su Threads, dove dice cose simili a quanto vi ho raccontato qui sopra – che non è un fact-checking, ricordiamo, ma un editoriale, ovvero un pezzo che riporta le opinioni personali di chi lo firma (per il piacere della discussione).

Informazione commerciale

L’amico con cui discutevo del titolo del Corriere è autore di un libro uscito da poco che, pur non parlando di politica, si sposa benissimo con la materia dell’estremismo di destra. Ve ne suggerisco caldamente la lettura, lo potete comprare qui, ha pure la prefazione di Telmo Pievani e la postfazione di Silvia Bencivelli, mica cotiche…

maicolengel at butac punto it

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